IL GIORNO DEL SIGNORE – Prima Parte

“Noi non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”. Questa è l’espressione, testimonianza dei martiri di Abitene con a capo il presbitero Saturnino che affrontarono gioiosamente la morte piuttosto che a rinunciare a celebrare il giorno del Signore: “il giorno nuovo”, il primo della nuova creazione inaugurata dalla risurrezione di Cristo, nella quale il tempo del mondo diventa tempo di grazia.

Quel giorno era la domenica. I cristiani già da molto tempo avevano abbandonato il sabato come giorno da dedicare a Dio nel riposo e nel culto e lo avevano sostituito con il primo dopo il sabato, il primo della settimana perché vero giorno del Signore. Nei comandamenti leggiamo: “osserva il giorno di sabato per santificarlo” (Deut 5,12). La Chiesa, comunità dei credenti, depositaria della Nuova Alleanza (1 Cor 11,25) iniziò invece a celebrare il ricordo della risurrezione e l’incontro con i discepoli di Emmaus (Luca 24,30).

Apparendo di nuovo otto giorni dopo, agli undici riuniti nel Cenacolo, suggerì e consacrò il ritmo settimanale del giorno da dedicare al suo ricordo (Gv 20,26). Il cristiano ha bisogno della domenica!

Il “dies dominicus” è anche il “dies ecclesiae”, il giorno della Chiesa. Una comunità che si riunisce nella fede e nelle carità è il primo segno della presenza del Signore in mezzo ai suoi: formando un cuor e un’anima sola (Atti 1,32) si rende manifesta l’unità di quel corpo misterioso di Cristo ch è la Chiesa. Come l’assemblea cristiana si esprime:

  • nell’accoglienza dei fratelli;
  • nell’intensità della preghiera, in comunione con tutti i fratelli anche i più lontani;
  • nella generosità della carità, capace di andare incontro a chi è nel bisogno e nella emarginazione;
  • nella varietà dei ministeri, dove si tocca con mano quanto lo Spirito effonde nella sua Chiesa.

Le prime comunità cristiane, sperimentavano la costante partecipazione a “non diminuire la Chiesa e a non ridurre di un membro il Corpo di Cristo con la propria assenza”. Qui si gioca la nostra credibilità, se l’Eucarestia è condivisione sull’esempio di Gesù, anche noi siamo chiamati a fare lo stesso.

INOS BIFFI

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