Uomo buono, vissuto in un periodo storico di malvagità, di violenza, tanto che Dio inviò il diluvio, da cui si salvarono solo Noè con la propria famiglia.
Questi, seguendo le indicazioni di Dio, costruì una grande imbarcazione lunga centotrenta metri, alta trenta, larga ventisei, con la capacità di 65/70.000 metri cubi!
La gente non comprese quanto Noè stava realizzando e rifiutò di ascoltarlo. Nell’arca entrarono Noè, la moglie, i tre figli Sem, Cam, Jafet e le loro mogli portando con sé una coppia di ogni specie vivente.
Dopo il diluvio Dio promise a Noè che non avrebbe mai più inviato un diluvio a distruggere gli esseri viventi e come segno della sua promessa costituì l’arcobaleno, che sfolgora nel cielo non solo come giudizio divino, ma anche coma alleanza tra Dio e l’intera creazione e tutta l’umanità.
Noè visse a lungo e i suoi figli diventarono gli antenati di molte nazioni.
Noè non era ebreo, rimaniamo affascinati di quell’arca dalle misure esorbitanti, una sorta di grattacielo che galleggia, tra le onde delle acque.
Noè è, l’emblema dei giusti che vivono nel mondo pagano: Abramo verrà molti secoli dopo. Dio stabilisce con lui un’alleanza che anticipa quello che poi farà sul Sinai con Israele.
Il centro del racconto del diluvio è questo. Il Signore lotta contro il male, dilagante nel mondo, ma sostiene e difende tutti i giusti, incarnati in Noè, “uomo giusto ed integro”, in una “terra corrotta e piena di violenza”
(capp. 6,11).
Nasce così un’umanità rinnovata che dovrà lasciare la strada della violenza, della lotta, dell’odio (Gen 9,5). E l’arcobaleno ne diventa l’emblema.
È certo che anche nell’umanità rinnovata il germe del male è sempre pronto a rinascere e rinvigorirsi.
cfr. Genesi capp. 6-11
Pietro cap. 3,20
Catechismo Chiesa Cattolica
n.n. 56-58