CAN. ANTONINO CATALDO

CAN. ANTONINO CATALDO (1887-1942)

can. antonino cataldoIl Can. Cataldo nacque a Partinico il 20.02.1887 da Antonino Cataldo e da Mirasole Santa, sorella di un sacerdote.

Sin dalla tenera infanzia, sentì la voce del Signore che lo invitava ad essere suo discepolo. Entrò in seminario dopo avere frequentato, con lodevole profitto, il quinto ginnasio.

Sotto la guida di ottimi maestri, quali il Millunzi, il Fiorenza (che sarebbe diventato poi Arcivescovo di Siracusa) completò la sua formazione umanistica e teologica a tal punto da potere meritare delle lodi e poter vincere il concorso “Prenestino” che consisteva nella possibilità di godere di un vitalizio, per il proprio sostentamento.

Ordinato sacerdote il 25 luglio 1911, per le mani di S.E. Mons. Gaspare Bova, Ausiliare di Palermo, insieme con Don Natale Ferrara, Don Benedetto Barretta, Don Francesco Lodato, Don Bernardo Lucia.

profuse le sue primizie sacerdotali a favore dei colerosi, coi quali si era rinchiuso nel lazzaretto di Ramo, facendosi sofferente coi sofferenti, Buon Samaritano che lenisce le ferite e terge le lacrime della sofferenza umana. In questo egli si assomigliava a Gesù che aveva detto: “Tutte le volte che avrete visitato un ammalato, avrete visistato me”. (Cfr Mt 25,45). Del resto, tutta la sua vita fu un costante sforzo di imitazione del Cristo.

In seminario come vicerettore

Mons. Lancia di Brolo, allora Arcivescovo di Monreale, lo chiamò in seminario come vicerettore, accanto a S.E. Mons. Fiorenza, che lasciata la guida della Diocesi di Siracusa era tornato al suo seminario di Monreale nella qualità di rettore.

Per Mons. Fiorenzo, il Can. Cataldo ebbe sempre profondo rispetto; ne ammirava la vastissima cultura e la profonda umiltà. Scoppiata la guerra del 15/18, fu chiamato alle armi nella qualità di Tenente Cappellano di stanza a Verona. Corse in prima linea, dove infuriava il fuoco delle artiglierie e il crepitio delle mitragliatrici, assistendo i soldati e confortando i feriti, dando a tutti esempio di virtù e indomito coraggio. Conquistò alcune croci di guerra e per i suoi meriti fu nominato “Cavaliere della Corona”.

Arciprete di Partinico

Finita la guerra lo vediamo tornare di nuovo in seminario come professore. Nel 1919 Mons. Intreccialagli, nuovo Arcivescovo di Monreale, lo mandava a Partinico, in aiuto all’anziano arciprete Polizzi, nella qualità di economo spirituale. Mons. Francesco Evola, Vicario Generale di Monreale di v.m mi confidò che l’Arcivescovo Intreccialagli, alla S. Sede che, pare sollecitata, gli chiese se il Can. Cataldo fosse stato capace di reggere una parrocchia di 24.000 anime, rispose: “Non una, ma tre parrocchie grandi come quella di Partinico”.

Toccava al Card. Lualdi, Arcivescovo di Palermo e Amministratore Apostolico di Monreale, il 09.02.1925, nominare Arciprete di Partinico il Can. Antonino Cataldo. Da Arciprete organizzò la sua parrocchia in maniera moderna; anticipando la pastorale del Vaticano II.

Superato il concetto di parrocchia come sinonimo di ente di amministrazione, egli ne fece un autentico centro di vita. Tante attività fiorirono, come per miracolo, nella Chiesa Madre che divenne il polo di attrazione per tanti che, forse, mai erano entrati in chiesa.

Azione Cattolica e pastorale delle vocazioni

L’Azione Cattolica, nei due rami delle “Donne” e della “Gioventù Femminile”, sorse nel 1925. La Gioventù Femminile ebbe sede nei locali dell’Istituto delle Figlie della Misericordia e della Croce, sia perché la Matrice era priva di ambienti adatti, sia perché il Papa XI di f.m. suggeriva espressamente che, laddove esisteva un istituto femminile, si adibissero allo scopo quei locali.

Vagheggiò, ed in questo avverti il momento storico della Chiesa, l’istituzione di una congregazione laicale. Ebbe molte adesioni, fra queste la giovane Pina Suriano, morta nel 1950 in concetto di santità e che allora contava quindici anni, per disegni imprescrutabili della Provvidenza il sogno non potè avverarsi.

Tuttavia le giovani che avrebbero dovuto farne parte, circa cinquanta, si avviarono alla vita religiosa nelle diverse congregazioni: Figlie della Misericordia, Figlie di S. Anna, Oblate al Divino Amore, Suore Domenicane.

Alcune di esse hnno occupato posti di grande responsabilità nei vari Istituti; la Madre M. Caterina Di Maggio, dopo tanti anni di lavoro nella Americhe come missionaria e fondatrice di Case, è stata Superiora Generale delle Oblate.

Ne ricordiamo alcune: Sr. Anna D’Asaro, Sr. Anna Salvia, Sr. Rosa Chimenti, missionarie in Eritrea. Padre Cataldo inoltre fondò l’Associazione “Uomini di A.C. “ che allora era la 47ª d’Italia.

Sotto la sua illuminata guida i giovani…

L’11 setembre 1927 fondò il “Circolo “così allora si chiamava dei Giovani di A.C. che intitolò ad Alessandro Manzoni. Possiamo affermare con orgoglio che questo circolo fu tra i primi delle diocesi. Sotto la sua illuminata guida i giovani venivano istruiti nelle verità della fede e aiutati a tradurle in pratica di vita, attraverso la partecipazione alla Liturgia e negli impegni quotidiani.

Il suo motto era: “Vita interiore”. Cuarava i giovani con la direzione spirituale, li seguiva a scuola, dove insegnò, ancor prima del concordato senza alcuna retribuzione, passeggiava con loro, li aiutava a superare le difficoltà di ogni genere con la sua presenza sempre attiva, controllata, castigata, gioiosa, col suo temperemento allegro, aperto, sincero. Da quel circolo, vera fucina di formazione, uscirono tante vocazioni sacerdotali che  hanno onorsato la nostra Partinico. Si pensai a P. Lo Iacono, P La Franca, e tanti altri.

Si fece tutto a tutti

Nel 1931, quando a causa di una crisi economica nazionale la fame affliggeva gran parte delle famiglie, fonsò la Conferenza di S. Vincenzo dè Paoli per l’assistenza domiciliare degli ammalti poveri ed egli stesso ne fu il direttore, il sostenitore, l’animatore fino al giorno della sua morte. Tutte le iniziative volute dalla Chiesa le attuò nella sua parrocchia con l’entusiasmo dell’apostolo e con la costanza delle anime grandi. Mai si fermò, si fece tutto a tutti per portare tutti a Cristo.: l’ardore e lo zelo per le anime lo divoravano.

Anima eucaristica

La freschezza delle sue enrgie sacerdotali, unita alla sua straordinaria intelligenza e alla sua non comune cultura, alimentata alla più pura sorgente della pietà, la S. Eucaristia, gli dava la forza di superare gli ostacoli che si frapponevano alla attuazione del suo programma pastorale.

Padre Cataldo fu un’anima eucaristica. La sua giornata trascorreva piena di lavoro irradiata dalla luce della S. Messa. Una volta gli chiesi: “Non si annoia a dire ogni giorno la Messa?” ed egli mi rispose: “No, anzi ogni giorno è per me come il giorno della mia prima messa”. Ogni giorno trovo nell’Eucarestia qualcosa di nuovo. Il suo volto si faceva raggiante quando parlava di Gesù Eucarestia. Indimenticabili le sue “ore sante” predicate, che si tenevano nella Chiesa Madre in ogni prima domenica del mese; i primi venerdì in onore del S. Cuore di Gesù, che vedevano raccolti centinaia di uomini attorno all’altare per ricevere la comunione riparatrice; le messe domenicali con la partecipazione di centinaia di giovani; i vespri della domenica con il catechismo agli adulti.

Ebbe zelo per l’onore della Casa di Dio

Curò la liturgia ed ebbe zelo per l’onore della Casa di Dio. L’angustia dei tempi e la ristrettezza dei mezzi non gli consentirono di vedere abbellita questa Chiesa Madre . Decorò tuttavia le due cappelle del Crocifisso e della Madonna del Ponte e preparava il restauro del presbiterio e della facciata.

Cittadino benemerito della sua Partinico

Pastore indifeso, maestro, moderatore impareggiabile, operaio instancabile nella vigna del Signore, il Can Antonio Cataldo fu anche un cittadino benemerito della sua Partinico. Perché il popolo avesse nelle domeniche la possibilità di un sano divertimento si adoperò per la costituzione di un corpo bandistico musicale, lui dettò lo statuto, ne fu il primo presidente, ne scelse il direttore nella persona del caro e indimenticabile Maestro Intorrella. Lavorò perchè Partinico avesse il suo liceo e per questo si recò diverse volte a Roma. Ottenne l’istituzione della Scuola di Avviamento Professionale, oggi Scuola Media “Archimede”. Istituì l’Associazione degli Esploratori Cattolici che in seguito, nel 1931, fu sciolta dal Fascismo.

Il congresso Eucaristico interparrocchiale

Nel 1939 a Partinico si celebrò il congresso Eucaristico interparrocchiale per le parrocchie della forania. L’arcivescovo Mons. Filippi, conoscendo e apprezzando le capacità di P. Cataldo, gli affidò l’organizzazione del congresso che si aprì alla villa comunale il 12 giugno di quell’anno con la 1ª Comunione di mille bambini. In quelle occasioni il Canonico si fece onnipresente, curò i servizi logistici, organizzò il canto, la celebrazione del Pontificale al palchetto della musica. La processione eucaristica fu il momento culminante del congresso è segnò il trionfo di Gesù Eucarestia. Si disse allora che furono presenti non meno di ventimila fedeli.

Scoppiò la seconda guerra mondiale…

Nel 1940, quando scoppiò la 2ª guerra mondiale, il suo cuore ne avvertì tutto il terrore e quando cominciarono a mancare le notizie dei soldati egli fece di tutto per trovarne e consolare le famiglie.

Se il chicco di grano non muore…

Tutto questo rigoglio di opere; questo incalcolabile bene fatto da Can. Cataldo, nei piani di Dio, non bastò che fosse sostenuto dalla sua costante preghiera , era necessaria la sofferenza. D’altronde Gesù non poteva smentirsi. Infatti lasciò detto: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). E il suo apostolo Paolo disse: “Si, tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (II Tm 3,12). Il Can. Cataldo non sarebbe stato l’autentico sacerdote di Gesù se non avesse salito con Lui il Calvario e non si fosse crocifisso con Lui. La prova venne, la bufera imperversò, la persecuzione si scatenò, Egli rimase, come la quercia annosa della montagna che resiste a tutte le intemperie, al suo posto di lavoro, nella sua Partinico, con i suoi giovani, affinato nello spirito, sorbendo l’amarissimo calice come un dono prezioso venuto dalle mani di Dio per una più grande purificazione.

Chiese e ottenne la chiesa di S. Gioacchino

Lasciata l’Arcipretura, chiese e ottenne la chiesa di S. Gioacchino chiusa al culto perché cadente e per mancanza di sacerdoti. L’entusiasmo suscitato in quel quartiere fu travolgente. Nel giro di un anno la chiesa poteva funzionare degnamente e decorosamente. Pavimenti e tetti furono rifatti, fu costruito un nuovo altare su progetto da lui stesso disegnato, furono approntate le sedie e fu acquistata la suppellettile sacra. Riaperta al culto, la chiesa di S. Gioacchino, in pochi anni registrò un fervore di opere, un risveglio spirituale, tali da rendere ormai maturo il tempo perché venisse elevata a dignità di Parrocchia. Questa eredità venne raccolta da un suo fedele discepolo: Mons. Gioacchino La Franca. In questo periodo, per l’esempio della sua vita che era edificante per candore e per pietà, e per quel sentire umilmente di sé sbocciò e si maturò la mia vocazione al Sacerdozio.

Moriva sulla breccia…     

Era ancora nel pieno vigore delle sue forze fisiche e del suo entusiasmo sacerdotale quando il suo grande cuore cessò improvvisamente di battere. Tornava da Palermo dove si era recato per chiedere al Provveditore agli studi di istituire il terzo corso di avviamento professionale e dare così ai giovani la possibilità di conseguire la licenza. Era l’11 settembre 1942 verso le ore 17 di un tiepido venerdì. Moriva sulla breccia come il buon soldato, lavorando per quei giovani per i quali aveva speso tutta la sua vita, dando loro sempre il meglio di sé. La notizia della sua morte si diffuse in un baleno. Tutto il popolo si riservò nella sua casa per piangere l’amico, il fratello, il benefattore, il padre. Il suo corpo rimase esposto per tre giorni e fu meta di un continuo pellegrinaggio di gente umile che egli aveva beneficato.. Morì povero rivelando così la sua spirituale ricchezza. I suoi funerali furono un’apoteosi e un trionfo. Ricordo quanto disse l’Arciprete Moscatelli quando, dopo aver dato l’ultimo commiato, uscendo col Clero dalla Chiesa Madre, vedendo un mare di popolo: “Adesso sto conoscendo chi era l’Arciprete Cataldo”.

Padre Cataldo fu uomo giusto, un servo buono e fedele la cui testimonianza cristiana non conobbe mai né l’ambiguità, né il compromesso.

Rielaborazione di una conferenza tenuta da P. Leonardo La Rocca sul Canonico Cataldo a Partinico, nel settembre del 1992, pp. 3-13.