SUOR FILIPPA LICARI

BREVI TESTIMONIANZE

Prima testimonianza

Cosa si può dire di una persona come Suor Filippa Licari che per tanti anni fece parte della Congregazione delle Suore “Figlie della Misericordia e della Croce?”ormai, dopo tanti anni dalla sua morte, avvenuta il 16/12/1969, molti non se ne ricordano più. Eppure, quando ho appreso che, al momento in cui si stava effettuando la estumulazione della sua bara, il suo corpo venne trovato ancora intatto, la notizia, per certi aspetti mi ha lasciato, oserei dire sconvolto e subito ho pensato alle parole del Salmo che recita: “Dio disprezza i superbi ed innalza gli umili” ed è vero. Di fatti, questa donna era stracolma di umiltà, di semplicità, di bontà. Per lei la malizia, intesa come cattiveria, non esisteva. Ho avuto modo di conoscerla, sin da bambino e, di lei ho tantissimi, buoni ed esemplari ricordi. Ne potrei elelncare diversi e ne descrivo alcuni che mi sono rimasti indelebili nella mente. Nei giorni di domenica, finita la messa mattutina, usciva dall’istituto “Regina Margherita” e assieme a qualche orfanella, cominciava a percorrere le vie del paese, bussando alle porte delle case raccoglieva l’elemosina chiedendola in nome delle orfanelle della Santa Croce. Camminava vestita a nero e portava, appesa nel suo braccio sinistro, una piccola bisaccia di colore blu. Raccogliendo, aveva un atteggiamento di mestizia, come di preghiera e, ricevendo le offerte delle persone, ricambiava dicendo: “Dio la ricompensa”.  Negli anni ’40, quando impersava la guerra, non tutti potevano dare offerta in moneta e molti davano doni anche in natura: un po’ di farina, legumi, frutta secca, olio, ecc. Ed ella portava tutto in istituto. Durante l’estate, nel periodo della mietitura, girava nei dintorni del paese dove vi erano le aie per la fresetura dei covoni del grano per chiedere un po’ di frumento ai contadini, mentre, in autunno andava verso i frantoi del paese ove venivano macinate le olive per raccogliere l’olio. Per avere la possibilità di raccogliere maggiore quantità di grano, assieme a Suor Giaconda, andava anche a Grisì, una frazione del comune di Monreale, dove ancora oggi abitano molte famiglie oriunde da Montelepre. Negli Anni 50’, quando cominciarono a funzionare i posti per la trebbiatura dei covoni, stava ad aspettare per lunghe ore, sotto un sole cocente le varie partite dei propetari che trabbiavano, per chiedere ad ognuno un po’ di frumento per le orfanelle. Era una donna servizielove. Non sapeva dire mai no a nessuno sia grandi che piccoli. Era sempre serena e tutti i momenti li teneva impegnati, nel lavoro e nella preghiera. Anche quando camminava, trovava l’occassione per pregare. Aveva molta cura della Chiesa “Parrocchia Santa Rosalia” e, con tanto zelo badava alla pulizia della stessa, curandone anche l’addobbo degli altari. Ogni giorno si prendeva cura per tenere accessa la lampada ad olio a Gesù Sacramento e, per lei quella fiammella doveva splendere, non fioca ma in maniera luminosa e ardente, per fare compagnia al sacramento. Mentre sistemava l’altare centrale ella pregava, ma la sua preghiera era come un dialogo rivolto a una persona realmente presente: parlava a tu  per tu con Gesù sacramentato. Durante l’estate, quando vi era la fioritura del gelsomino, si prodigava a chiederlo ale persone sue conoscenti ed era contenta. Quando l’altarte profumava con tutti quei fiorellini bianchi che sprigionava profumo in onore del sacramento.Pur non avendo una cultura letteraria con la sua semplicità, sapeva intrattenere rapporti sociali con le persone, esortando sempre ad avere fiducia in Dio.

Signor. Purpura Vincenzo

Seconda Testimonianza

Dalle altre sorelle si distingueva, oltre per l’abito talare nero, per la mole di lavoro che quotidianiamente svolgeva per l’orfanotrofio: fare il bucato; occuparsi della pulizia dell’orfanotrofio e della mensa; pulire la cucina e le stoviglie dopo che suor Domenica avevva finito di cucinare; accompagnare le orfanelle a scuola e andarle a riprenderle all’uscita; pulire la chiesa; raccogliere offerete in giro per il paese. Quest’ultima mansione era proficua specialmente nei periodi di raccolta e mulinatura delle olive e della mietitura e messa all’aia delle spighe di frumento. La domenica seguiva la Santa Messa dal battistero per poter distribuire, in cambio di un obolo, le sedie ai fedeli che entravano in chiesa. Il rapporto che suor Filippa aveva con le altre sorelle dell’orfanotrofio risentiva, probabilmente, del fatto che essa non era professata. Infatti mentre le altre sorelle consumavano i pasti in una stanza attiva al refettorio, suor Filippa pranzava e cenava insieme alle orfanelle. Ciò accadeva anche la sera per dormire: essa si coricava nello stesso stanzone in cui dormivano le orfanelle. Nonostante suor Filippa vivesse questa situazione e svolgesse i lavori più umili e faticosi, con un fare da vera ancella, esso si mostrava e si presentava alla gente del paese con un’aria serafica e un comportamento socievole e schietto. Essa era una suora che sapeva far sorridere con le storie che “cuntava” quando si presentava l’opportunità: ricordo le risate che ci faceva fare a noi ragazze del corso di ricamo. Corso di ricamo organizzato, nel salone dell’orfanotrofio prima che scoppiasse la guerra, da suor Gioconda che era una suora molto brava nel ricamo e nel disegnare la stoffa. Corso a cui parteciparono tante giovani ragazze del paese. Sor Filippa era particolarmente legata alle orfanelle dell’orfanotrofio. Ricordo la sua “collura” per la cattiva sorte di una’orfanella gravemente malata: poi morta in ospedale a Palermo. Suor Filippa sapeva lavorare ai ferri e non faceva mancare qualche paio di calze di lana alle orfanelle. Quando poteva accontentava, anche, qualche bambina del paese. Un personale ricordo di suor Filippa, e in particolare di suor Gioconda e suor Domenica, è legato al giorno del mio matrimonio, perché essa diede un valido aiuto a preparare, insieme alle altre sorelle, u trattamento delle mie nozze.

Vita Candela