Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Nessuno è mai salito a cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
Il tema della salvezza cristiana è che Dio ci ha tanto amati da donare il suo figlio unigenito Gesù. Egli annunzia la buona notizia del regno e muore in croce “Perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”. Il sacrificio, il rendere sacro un gesto, un atto, un momento è fondamentale nell’esperienza umana. Si offre qualcosa (un simbolo) per dichiarare la propria dedizione a un valore, a una divinità, per chiedere in cambio una grazia. La novità radicale di Gesù è trasformare se stesso in sacrificio e l’offerta di Gesù non è più simbolo (una capretta, due tortore) ma è la sua stessa vita. Il suo sacrificio è universale, definitivo, compiuto una volta per tutti. Gesù è morto per essere un vivo, ha voluto consumare il mistero della morte per tutti, per cancellarla dal destino di ogni uomo e per seminare nella vita di ognuno la vocazione all’eternità. Eppure quella della croce è una dimensione che oggi tendiamo a sfuggire perché la sofferenza non è connaturale all’uomo e tantomeno lo è nella cultura occidentale: di fronte al “tutto facile” della quotidiana cultura contemporanea dove si cerca di evitare l’esperienza diretta del dolore, allontanando così l’idea della fatica quotidiana, la Croce sta a ricordare che la via (dunque la vita) passa di lì: non c’è salvezza senza sacrificio. Tanti sono i pericoli per la nostra vita e la nostra salvezza. Se vogliamo liberarci dal male che è dentro di noi (orgoglio, egoismo, invidia…) e dal male che ci provoca dall’esterno, l’unica cosa da fare è tendere lo sguardo verso quel legno dove viene innalzato il Figlio dell’uomo, venuto per salvarci, non per giudicarci.