APOSTOLA DELLO SPIRITO SANTO

 SANTA ELENA GUERRA

Tra le mistiche cristiane dimenticate, non si può non ricordare la beata Elena Guerra, la cui vicenda è particolarmente sorprendente. Infatti, se pure spesso le mistiche sono state incomprese e ostacolate, Elena Guerra invece ha ottenuto grande riconoscimento da papa Leone XIII, a cui si era rivolta con numerose lettere. Una figura dunque valorizzata da un punto di vista teologico, ma la cui spiritualità non è penetrata nel tessuto della Chiesa, tanto è vero che pochi la conoscono e i suoi numerosi opuscoli e trattati spirituali hanno avuto scarsa diffusione. Nata a Lucca nel 1835 in una nobile famiglia e fin dalla giovinezza condizionata da una salute cagionevole, scoprì presto la gioia per le cose spirituali. Incompresa per la sua esperienza mistica, rimase fedele a quella missione speciale che le era stata assegnata e che costituì il filo aureo della sua esistenza: riportare lo Spirito santo al centro della vita cristiana. “L’adorazione dello Spirito Santo, scrive, è sempre stata molto ardente nel mio cuore, anche se nessuno me l’aveva raccomandato, malgrado non conoscessi alcuna lettura che me l’avrebbe potuto insegnare”. Inizialmente pensò a un’associazione, le “amiche spirituali”, finalizzata a condividere un’autentica vita cristiana attraverso l’amicizia. Nel 1872 fondò un istituto laico dedicato a santa Zita, patrona di Lucca, per l’educazione gratuita delle ragazze, che in seguito si trasformò nella congregazione religiosa delle Oblate dello Spirito Santo. Ebbe fra le allieve Gemma Galgani. In pieno Ottocento, mentre prevaleva la spiritualità della croce e della penitenza, il rivelarsi a Elena dello Spirito santo come divino amore, assume senza dubbio una valenza profetica: “In Dio l’amore è sempre perfetto e perciò è sussistente, eterno… e questo amore è lo Spirito Santo, operatore di tutti i prodigi di carità”. L’esperienza mistica della beata trova connotazione su questa linea bene demarcata in cui lo Spirito santo le si rivela come amore in atto, amore che amando insegna ad amare: “La bell’opera di infiammare i cuori di amor di Dio è proprio del medesimo Amore. Venne l’Amore e l’uomo amò”. Gesù accese l’amore nei cuori degli apostoli quando “mandò a essi lo Spirito santo, cioè l’Amore sostanziale e personale di Dio stesso”. Non si fa leva sulla volontà, bensì sul cedimento che permette allo Spirito santo di operare e trasformare: “Al mondo  mancano la verità e l’amore, perché ha allontanato da sé lo Spirito di Dio. Tutti ammettono che il mondo si sta dirigendo verso la rovina totale, ma che cosa facciamo per accelerare il necessario ritorno dello Spirito di Dio nel cuore degli uomini?”. Nel 1870 la presa di Roma sancisce definitivamente la perdita del potere temporale della Chiesa. Il richiamo di Elena verso lo Spirito santo si intensifica, vedendo in tale evento un ritorno all’inizio della predicazione degli apostoli. Ma nonostante la propria determinazione e l’instancabile tentativo di coinvolgere altre persone, non si sentiva compresa. Nel 1895 scrisse a Leone XIII la sua prima lettera: “Santo Padre, solo voi potete far sì che i cristiani ritornino allo Spirito Santo, affinchè lo Spirito santo ritorni da noi. Vorrei chiedervi, per l’amore di Dio, di non indugiare a raccomandare questa preghiera comune”. C’è un’urgenza che preme. Le sorti del mondo sono ormai lette solo in questa chiave salvifica: “Tutti i benefici della redenzione sono di infinita eccellenza, ma quello che di tutto è compimento e corona è l’infusione dello Spirito di Dio nelle creature”. Poco dopo il papa risponde con il breve “Provida matris charitate” con il quale introduce un periodo festivo di preghiera allo Spirito santo fra l’Ascensione e Pentecoste. Elena incoraggiata, tra il 1895 e il 1903, scrive ben tredici lettere al papa. Nel 1897, a seguito della quinta lettera, Leone XIII risponde con l’enciclica “Divinum illud munus”, rilevante trattato sullo Spirito santo, in cui viene messa in luce l’azione con cui opera negli apostoli e nell’umanità e come effonde i suoi doni. L’ultimo atto ufficiale del papa alle costanti sollecitazioni di Elena sarà, nel 1902, la lettera “Ad fovendum in Christiano populo” diretta ai vescovi di tutto il mondo con cui li incoraggia a rinnovare la fede affidandosi allo Spirito santo. La sinergia creatasi fra Elena e Leone XIII di fatto porta luce sul passaggio epocale che stava investendo la Chiesa e l’umanità, ma certamente i tempi non erano maturi per una pronta risposta. La preghiera di invocazione allo Spirito santo, si diffuse invece, a partire dalla fine dell’Ottocento, in comunità protestanti nordamericane, lontano dalla gerarchia ecclesiale, attraverso il cosiddetto movimento pentecostale chiamato poi, dal 1963, Rinnovamento carismatico e solo dal 1967 riconosciuto dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa. Come scrive Elena al papa: “Da tanti anni desidero ardentemente che i fedeli si riuniscano unanimi per ritornare allo Spirito Santo e per realizzare con la preghiera incessante un rinnovamento benefico della faccia della Terra”. Alla fine della sua vita conobbe un periodo di grande amarezza e solitudine: “La povera serva dello Spirito Santo ha portato avanti il suo lavoro anche in mezzo a tanti tradimenti lasciarsi legare le mani senza ribellarsi e, a mani conserte, dedicarsi alla forma più alta dell’adorazione e dell’accettazione della Volontà di Dio questa è la trasformazione dell’umile inattività nell’azione perfetta”. Nel 1959, a distanza di pochi decenni dalla morte, avvenuta l’11 aprile 1914, fu beatificata da papa Giovanni XXIII come “Apostola dello Spirito Santo”. L’ispirazione profetica di Elena, accolta e divulgata attraverso l’autorità del papa, sicuramente prepara un avvento: l’era dello Spirito santo. Mette in luce l’opera che la terza persona trinitaria muove nella storia e che, attraverso l’umanità del Figlio, si riversa sul genere umano con potenza fino alla sua massima espansione. Di questo tratta lo stesso Leone XIII nell’enciclica “Divinum illud munus”: “Lo Spirito Santo è di tutto la causa finale, così egli che è la bontà e l’amore del Padre e del Figlio, dà impulso forte e soave e quasi l’ultima mano all’altissimo lavoro dell’eterna nostra predestinazione”. Se era del Padre è il tempo della Legge e l’era del Figlio è il tempo dell’Amore, l’era dello Spirito santo è il tempo dell’espansione dell’amore in cui tutti saranno chiamati, attraverso misericordia e perdono, a una visione di Dio consolatrice e materna. Quello di Gesù è un battesimo in “Spirito Santo e fuoco”, i discepoli sono inviati a battezzare “in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Lo Spirito di Dio discende nel Figlio per effondersi nell’umanità. Il Consolatore libera dallo spirito del mondo attraendo a sé, provvedendo  a ogni bisogno con cura e tenerezza. Al centro della spiritualità di Elena Guerra è posta la rinascita dello Spirito santo che si origina con il battesimo: “Appena uscita dal grembo di mia madre, Tu, Signore, mi hai abbracciata e lavata con l’acqua del battesimo rendendomi tua figlia. Rinati attraverso l’acqua, dobbiamo rinascere nello Spirito Santo. Solo Tu, Signore, mi puoi far comprendere e mettere in pratica questa beata rinascita. Affinchè la mia vita sia una continua comunione, un’ininterrotta rinascita e una crescita nello Spirito Santo”. Rinascere nello Spirito, rinvia alla “rinascita dall’alto” a cui accenna il testo giovanneo (cfr. Giovanni 3,3-8), fa pensare allo Spirito santo come a un abbraccio luminoso che si effonde per accogliere e rigenerare l’intera umanità. Elena si fa portavoce di un tempo nuovo che preme sulle soglie del mondo: “Inaugurare concretamente nella Chiesa la vera casa dell’adorazione, un cenacolo universale mondiale. In questo modo i fedeli saranno uniti con la Madre di Dio che con gli apostoli pregò ardentemente nel cenacolo di Gerusalemme e potranno supplicare e chiedere allo Spirito Santo, attraverso un incessante vieni, l’anelato rinnovamento della faccia della Terra”. Il fulcro profetico è dunque la visione di questo “cenacolo universale” che rinvia a un nuova Pentecoste. Come Maria e gli apostoli dopo l’effusione dello Spirito santo, escono dal cenacolo per andare verso le genti, così la Chiesa è chiamata ad aprirsi universalmente al mondo per effondere il fuoco dell’amore. Dalla realtà comunitaria che crea appartenenza, si apre la prospettiva di una comunione universale. Il termine Chiesa allude alla comunità (ebraico: qahal; greco: ekklesia), ma l’aggettivo cattolica apporta la giusta visione. Gli apostoli possono disperdersi fra le genti perché uniti nello Spirito. Lo Spirito di Dio attraverso l’umanità del Figlio investe il genere umano, fa crollare i muri chiusi delle appartenenze. C’è comunione solo dove uno è lo spirito: “Siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo” ( 1 Corinzi 12,13). L’ispirazione del cenacolo universale guarda alla Chiesa come realtà di comunione fondata su un solo spirito e che, proprio per questo, come non si stanca di ripetere papa Francesco, può trasformarsi in Chiesa in uscita, andare verso le periferie. Non sono le istituzioni e le organizzazioni a garantire l’unità, ma la forza dello Spirito Santo. A distanza di oltre un secolo dalle parole di Elena non si può più aspettare. I tempi lo richiedono. La globalizzazione, i conflitti, le contraddizioni, sono tali da rendere evidente che non rimane altra via se non quella dello Spirito: le parole, i buoni ragionamenti, non servono più. Serve il silenzio che faccia tacere ogni voce e permetta di ascoltare la voce dello Spirito santo. Elena ancora ci illumina: “Ricordati (dice lo Spirito Santo all’anima) che Io amo intrattenermi tra amici e nel mio vivo tempio bramo silenzio”.

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