XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – 27 Giugno 2021

Dal Vangelo secondo Marco Mc 5,21-43

C’è una fede fatta di credenze, di riti che acquietano la coscienza senza procurare il minimo cambiamento nella propria vita. Oppure c’è una fede fatta di un rapporto personale con Cristo, che dà luce al quotidiano, che cambia la vita e ci fa abbandonare totalmente nelle sue mani. Ciascuno di noi si scontra con queste dinamiche e questo accade anche alle due protagoniste del vangelo. Due episodi che hanno in sé elementi comuni e complementari, il cui intrecciarsi mostra l’azione salvatrice che Gesù esercita a beneficio di tutti coloro che si accostano a lui, in tutti i tempi. Gesù non è un santone che guarisce dalle malattie più disparate per dimostrare la sua potenza. 

Ciò che fa avvenire le guarigioni non è tanto la sua presenza, quanto la fede che genera in coloro che incontra. Non a caso il verbo utilizzato nel testo significa “salvata”; la salvezza, in tutto il Nuovo Testamento, assume un significato, che va oltre la guarigione fisica. Essa implica una vita totalmente nuova, che non conosce più la morte. La fede non è dunque una forma di superstizione, ma lo strumento che ci permette di toccare la persona di Cristo risorto, che salva e dà la vita. L’emorroissa non solo tocca il mantello di Gesù, ma cerca il suo sguardo. Solo una fede adulta e matura, radicata profondamente in una relazione viva con il Risorto, è capace di credere nella risurrezione di Cristo e nella nostra. Chi si affida totalmente a Dio ha la fiduciosa sicurezza di poggiare su un solido fondamento, che non può venir meno a quanto promette in Gesù. Questa è la fede che ci fa vivere, giorno dopo giorno, da risorti. Solo una relazione profonda e liberante con Cristo ci aiuterà ad ascoltare ciò che quotidianamente sussurra con voce flebile al nostro cuore: “Talità kum!”. Alzati; per vivere da risorto contemplando il Risorto.