LA PROCLAMAZIONE DELLA PAROLA DI DIO

La prima parte della celebrazione eucaristica è chiamata Liturgia della Parola. E’ un momento importante della celebrazione e ha le sue origini nel culto festivo del sabato nella sinagoga ebraica. Questo culto prevedeva – e prevede ancora oggi – due lettere bibliche. La prima fa parte della Torah o “Legge” (come sono chiamati i primi cinque libri della Bibbia). La seconda fa parte dei Profeti, (Isaia, Geremia…). Tra le due letture si interpone un canto. Concluso le letture, un membro adulto della comunità interviene a spiegare e a commentare i testi. E’ lo “schema” che anche Gesù ha seguito nella sinagoga di Nazaret, come leggiamo in Lc 4, 16-21. La venerazione con cui veniva proclamata la parola di Dio è testimoniata da Neemia 8, 1-12: alla lettura della parola di Dio si dà tempo e spazio; il suo rotolo (o libro) è collocato in posizione elevata, verso la quale è rivolto tutto il popolo, che sta in piedi, ascolta, si inchina, risponde, prega e fa festa. E’, questa, la dignità che anche la Chiesa continua a riservare alla parola di Dio. Per la sua retta proclamazione è stato istituito il ministero del Lettorato. Al lettore si richiedono preparazione, attenzione, fede, familiarità con la Parola di Dio e, naturalmente, una buona dizione. Alla sua esclusiva proclamazione (e non per avvisi, testimonianze, interventi catechistici… ) è  destinato l’ambone, un termine che ricorda la “posizione elevata” del testo di Neemia sopra riportato. Ma soprattutto evoca la pietra del sepolcro spalancato, da cui si leva l’annuncio angelico della risurrezione di Cristo ( cfr. Mt 28, 2-7 ). L’ascolto della parola di Dio diventa interiorizzazione con l’ascolto dell’omelia. Questa ci introduce nel compimento del culto liturgico, che avviene nella Liturgia eucaristica. Proprio come ha fatto Gesù con i discepoli di Emmaus: lungo la strada ha spiegato loro le Scritture, facendo ardere il loro cuore, e nello “spezzare il pane” ha aperto i loro occhi perché lo riconoscessero nella Parola e nell’Eucaristia ( cfr. Lc 24,30-32.44-45).

P. GIRONI