LA SALITA

Gesù portando la sua croce, si avviò verso il Calvario》(Giov. 19, 17)

Lui no, ma noi pensiamo che questa è l’ultima volta che si incammina. Ha ancora una strada davanti a se, con sassi, fili di erba, l’orma degli uomini rappresa nel fango. Ancora per poco. Sarà subito giunto, ma intanto cammina. Addio, Gesù, adolescente nazareno, amico dei nostri puri desideri, dei nostri atti innocenti, della nostra bontà. Non possiamo seguirti.

Sapevi che non ti avrebbe seguito il giovane ricco, sapevi che c’era nella vita di ognuno di noi qualcosa che non sarebbe andato in dono ai poveri, non viso, un ricordo che sarebbero stati per sempre un possesso. Ora tu vai verso la collina obbrobriosa e noi troviamo degli impegni che ci terranno occupati per tutto il pomeriggio in un quartiere di Gerusalemme, oppure ci ricordiamo di un viaggio che dovevamo compiere per mantenere una promessa fatta. Non vogliamo vederti morire. Gesù, ti diciamo addio da lontano, abbiamo compassione di te che porti una croce così vera e pesante, una croce di legno, sulla spalla che dà sangue, ma torniamo agli ordinari discorsi, alla condiscenza dei nostri simili. Addio. Egli cammina come un morto; ha un mantello di sangue nella luca, cammina e cade, si rialza e cammina, la notte è profonda nei suoi occhi. Il suo pianto si piega nel vento che lo dissipa per tutto lo spazio, funesterà il mondo che rimane incredibilmente orfano dietro il suo passo di fustigato. Ecco, veramente egli si avvia al luogo dove nessuno può andare con lui. Stasera riceverà sul corpo nudo la pioggia della rugiada ed il riso celeste degli astri immortali; la sua forma affabile si irrigidirà a poco a poco in forma di croce. I soldati intanto si divideranno le sue vesti rubate, tirando a sorte con colpo di dadi, la tunica senza cuciture.

ANGELO ROMANÒ

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