Stanno lentamente, ma inesorabilmente crollando tante barriere e nessuno deve sottovalutare che la storia è nelle mani di Dio ed oggi quelle mani hanno bisogno del cuore di ciascuno: un cuore attento, vigile, delicato, consapevole che sa leggere in filigrana gli avvenimenti e caricarli di speranze.
C’è un disegno da realizzare faticosamente, ma quotidianamente, ciascuno con la propria parte da accostare a quella degli altri. Gesù ha cercato di far capire ai discepoli questo grande compito che ciascuno di noi ha. Dopo tanto camminare, ecco finalmente la meta: Gerusalemme.
Ma tra il Messia “Figlio di Davide” e la “città di Davide”, lo scontro è drammatico: Gesù non entra a Gerusalemme per restaurare il regno di Davide. La “città di Davide”attende un altro tipo di Messia, diverso da quello che Gesù sta incarnando. L’evagelista Marco distribuisce il racconto su uno schema molto semplice: si tratta di tre giornate ognuna delle quali comporta una visita al tempio e un ritorno nel vicino villaggio di Betania. Nella giornata centrale avviene l’episodio della maledizione del fico: quell’albero con molte foglie rappresenta il tempio di Gerusalemme con le sue cerimonie, ma la sentenza di Gesù è la seguente il tempio è un albero che non porta frutto… ed anche il popolo eletto che rifiuta Gesù e non è capace di portare frutti di conversione e di fede vera… la vigna del regno di Dio sarà affidata ad altri. Il lungo insegnamento di Gesù si conclude con il giudizio sul tempio, poi quello su Gerusalemme, alla fine quello su tutta la storia, luogo dove agisce la provvidenza divina.
Durante il nostro pellegrinaggio terreno la speranza cristiana ci stimola a preparare il futuro, impegnandoci e mettendo nel tessuto delle relazioni umane il fermento evangelico, orientato alla meta defintiva.
In sintesi: Il “Figlio dell’uomo” che “viene con le nubi del cielo” di cui aveva parlato il profeta Daniele nel suo libro è Gesù. A lui è affidata la missione di riunire tutti gli uomini amati da sempre da Dio e di giudicare tutta l’umanità. Il suo giudizio non è una condanna, ma un dono ed una testimonianza al disegno di salvezza che il Padre gli ha affidato. Il senso della storia è Lui.
Il discepolo non è colui che compie solo riti ed offerte, ma colui che ama e che ad immagine della povera al tempio (Mc 12,38-44) non dona il superfluo, ma se stesso. Anch’io devo nutrire la certezza che la storia di ogni uomo, la mia e di ogni popolo è nelle mani di Dio.