Gesù porta la croce sul calvario (Gv 19,17; Mt 27,32-37; Mc 15,21-23; Lc 23,26-32). Per capire e meditare in tutta la sua profondità questo quarto mistero doloroso, dobbiamo ascoltare il racconto degli evangelisti: “Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgota” (Gv 19,17). Dopo una notte di dolore, di offese edi scherni, Gesù, indebolito dal terribile supplizio della flagellazione, viene preso in consegna dei soldati per essere crocifisso: “Allora (Ponzio Pilato) rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perchè fosse flagellato” (Mt 27,26). La folla non ha voluto lo scambio con Barabba, ha preferito che fosse condanato un innocente. Gesù deve affrontare la morte in croce, la morte riservata ai criminali. Gesù, stremato, con una pesante croce sulle spalle, prende la via del Calvario. Gesù procede faticosamente lungo la via, tortuosa sul suolo pietroso; cade una, due, tre volte, a fatica riesce a rialzarsi. I giudei lo deridono, i carnefici e i soldati lo maltrattano. Ma soprattutto Gesù è solo. Intorno a lui non ci sono molti amici, nessuno vuole compremettersi. Persino chi è stato aiutato e guarito preferisce ora non farsi vedere. Si compi alla lettera quello che il profeta Isaia ha predetto molti secoli prima: “….del mio popolo nessuno era con me……guardai: nessuno aiutava; osservai stupito: nessuno mi sosteneva “ (Is 63,3-5). È quasi ormai mezzogiorno. Gesù, sotto il peso della croce, vacilla; vi è il pericolo che, cadendo, non si risollevi più. Gesù è troppo debole per portare la croce da solo fino al Calvario. Il centurione di scorta ferma un uomo che viene dalla campagna e lo costringe a sostenere il peso che Gesù non può più sopportare. Questo particolare viene confermato dagli Evangelisti. Scrive infatti Matteo: “Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo constrinsero a prendere la croce su di lui” (Mt 27,32). Gli fa eco Marco: “Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce” (Mc 15,21). Così pure Luca: “Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù” (Lc 23,26). Secondo Marco (15,21) Simone di Cirene sarà ricompensato, insieme con i due figli, da Dio con il dono della fede. A lui si possono attribuire le parole del profeta Isaia: “Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: “Eccomi, eccomi” (Is 65,1). Simone prende la croce, una parte della croce, e se la carica sulle spalle. L’altra parte della croce, la più pesante, quella dell’amore non corrisposto, quella dei tuoi e dei miei peccati, quella la porta Gesù, da solo. Dove sono i suoi discepoli? Gesù un giorno ha loro detto: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24)- Tutti hanno affermato con grande sicurezza di essere disposti a seguirlo fino alla morte (cfr. Mt 26,35); Pietro in particolare ha dichiarato: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò” (Mt 26,35). Ma ora Gesù ha come compagno un estraneo, costretto ad un compito grovoso dal centurione. Gesù si avvia al supplizio con due ladroni, come ci conferma Luca: “Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati” (Lc 23,32). Solitudine ed umiliazioni sono il prezzo della Redenzione. Gesù è al limite estremo della sopportazione umana, come ha profetato Isaia: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca…. per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte” (Is 53,7-8). Così lo vede con il cuore straziato, sua Madre poiché sappiamo da Giovanni che Maria vuole seguire Gesù fino sul Calvario (cfr Gv 19,25). A Maria si possono applicare le parole delle Lamentazioni: “Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta” (Lm 1,12). Si compie così la profezia di Simeone: “a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,35). Quanto dolore, o Maria! Il tuo Figlio è lì che soffre tremendamente e tu non puoi far nulla per lenire il suo dolore. Ma il tuo cuore è pieno di fede e sai che questa è la volontà divina (cfr Mt 26,39). Oltre alla croce, Gesù porta con sé anche i nostri peccati, i peccati di tutti gli uomini, ed in particolare anche i tuoi, i miei peccati; mentre Gesù porta la croce verso il Calvario pensa a te… a me… si offre per te… per me. E noi come portiamo la nostra croce? Ci sono diversi modi per portare la croce: c’è una croce portata con rabbia e con risentimento. È il caso di coloro che non sopportano il dolore né il fallimento, perché non vogliono capire il senso cristiano che Cristo ha dato alla sofferenza. È una croce che non redime, come quella portata da uno dei due ladroni che sul Calvario, mentre viene crocifisso, si rivolge a Gesù imprecando: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi” (Lc 23,39). C’è un secondo mdo di portare la croce: portarla una rassegnazione, e accettarla perché inevitabile, come fa l’altro ladrone, consapevole della propria colpa e dell’innocenza del Cristo (Lc 23,40-43). Vi è un terzo modo di portare la croce, quello di Gesù. Egli abbraccia la croce salvatrice con amore e ci insegna come dobbiamo caricarci della nostra: non con il risentimento o con rassegnazione, ma con amore, con spirito di riparazione per i nostri peccati e per i nostri peccati del mondo intero. Il Signore ha dato un significato profondo al dolore. Avrebbe potuto redimerci in molti modi, ma ha scelto di farlo attraverso la sofferenza, poiché nessun amore è più grande di questo, dare la vita per i propri amici (cfr Gv 15,13). Il dolore, la sofferenza, le contrarietà acquistano un valore immenso nel momento in cui le accettiamo unendoci alla Passione di Cristo. La sofferenza, conseguenza del peccato originale, riceve un senso nuovo: diviene partecipazione all’opera salvifica di Gesù: “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio” (At 14,22). Guarda, o tu che mediti questo quarto mistero doloroso del Rosario, con quanto amore Gesù abbraccia la croce. Impara da Lui. Gesù porta la croce per te: tu portala per Gesù. Portala con amore come Lui l’ha portata. Allora la tua croce sarà santa. A volte la croce compare senza che la cerchiamo. Di fronte a questa croce inattesa, e appunto per questo più odiosa, avviciniamoci a Lui, a Gesù, diventiamo corredentori con Lui con spirito di espiazione per le nostre colpe. Quando siamo afflitti, quando il dolore e la pena si fanno più strazianti e cupi, rivolgiamoci in particolare a Maria Santissima, la Madre Addolorata, perché ci renda forti e ci insegni a santificare la sofferenza come Gesù l’ha santificata. Madre di Gesù, insegnami a portare le mie sofferenze e le mie prove con amore, come Gesù. Anch’io voglio aiutare qualcuno a portare la sua croce, come Simone di Cirene aiutò Gesù; anch’io voglio come la Madonna accompagnare Gesù nella via dolorosa. Gesù! Maria! Dopo aver meditato questo quarto mistero doloroso dovrei essere in grado di poter esclamare con l’Apostolo Paolo: “Ora , io sono felice di soffrire per voi. Con le mie sofferenze completo in me ciò che Crisrto soffre a vantaggio del suo corpo, cioè della Chiesa” (Col. 1,24).
DON GIAMPAOLO