GLI SI GETTÒ… AL COLLO!

Siamo al centro dell’anno della Misericordiae è tempo “forte” per una conversione di vita e di cuore. La Chiesa ci invita ogni anno a ricordare che siamo cenere, quando il Mercoledì delle Ceneri inizia questo periodo.

Cosa vuol dire Quaresima? Dal latino quadragesima, sottointedendo dies come giorno, da cui quarantesimo giorno, e nella liturgia è il periodo di penitenza e astienenza di quaranta giorni, delle Ceneri al Sabato Santo.

Vediamo subito il perché dei quaranta giorni. Questo numero simboleggia una misura di tempo spesa alla presenza di Dio. Il popolo ebraico trascorre quarant’anni nel deserto prima di raggiungere la terra promessa. Gesù trascorre quaranta giorni nel deserto prima di iniziare la sua predicazione. Dopo questa introduzione sulla Quaresima, passiamo al centro di questo articolo: la Parabola del Padre misericordioso (Lc 15,11-32).

Ho scelto questo brano perché mi sembra possa farci comprendere a pieno questo tempo liturgico che stiamo vivendo. Dopo attenta lettura, si intravedono i personaggi principali: il Padre, il figlio più giovane e il figlio maggiore. Cerchiamo di comprendere i vari atteggiamenti dei personaggi. La figura del Padre è amorevole, attenta ai bisogni del figlio, in quanto divise tra loro le sue sostanze (Lc 15,12b). Altro atteggiamento da evidenziare è quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò (Lc 15,20). Da notare che nonostante il figlio abbia commesso vari errori, il padre non dà molto peso alla mancanza del figlio, ma la misericordia vince sull’errore.

Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta” (Lc 15,12).

Qui troviamo un figlio che con un pò di arroganza chiede al Padre, tutto quanto gli spetta. Detto ciò, il figlio più giovane raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto (Lc 15,13). Pensate che il Padre non sapesse che il figlio avrebbe sperperato tutto? Certo che lo sapeva, ma ha voluto lasciare al figlio la libertà della scelta. Questa libertà se usata in modo improprio ci danneggia e ci procura dei danni alla nostra vita spirituale e umana. La Parabola prosegue con il figlio che sperperando tutte le sostanze si trova nella miseria e chiede lavoro come guardiano di porci.

È qui, in questo momento della sua vita che il figlio comincia a entrare in se stesso. Comincia a rivedere la sua vita piena di errori e di disiorentamento esistenziale, tanto da dire “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! (Lc 15,17).

Sappiamo che il figlio torna dal Padre e questi lo accoglie a braccia aperte. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze (Lc 15,25). Il brano prosegue col figlio maggiore che chiede cosa fosse quella musica e alla risposta del servo “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo” (Lc 15,27) si indignò tanto da non volere entrare. Il Padre non capisce l’atteggiamento del figlio e lo supllica, gli spiega il motivo della festa, ma inutilmente: si ostina a non voler partecipare alla festa. Risponde al Padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici (Lc 15,29). Atteggiamento del figlio maggiore d’incomprensione d’identità. I tre atteggiamenti dei personaggi della Parabola sono allegorici (ossia dicono una cosa per indicarne un’altra nascosta). Il Padre è Dio, che con la sua misericordia, dopo un sincero pentimento perdona i suoi figli nonostante gli errori; il figlio minore sono quelle persone che pretendono di essere privilegiati, solo perché sono al servizio di Dio e occupano più tempo con Lui; il figlio maggiore sono i figli che stanno sempre con Dio, svolgono attività all’interno di una realtà ecclesiale e poi appena il Padre ha più attenzioni verso un altro figlio, esprime il suo disprezzo. Ognuno di noi si può immaginare in uno di questi atteggiamenti. Proviamo a indenticarci e a cambiare rotta, a convertirsi sul serio per arrivare alla Pasqua, rinnovati e trasformati. Come vivo il mio rapporto con Dio, da figlio o da servo?

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