XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – 05 Settembre 2021

Dal Vangelo secondo Marco Mc 7,31-37

Questa pagina di Marco trova la sua sintesi nel verbo “Apriti!”, un imperativo che raccoglie e risolve aspettative e desideri a lungo coltivati nel cuore di una persona che ha un limite. Anche a noi accade di imbatterci nell’esperienza del limite, di cui il sordomuto è immagine: il limite della malattia fisica e psichica e quello della incomunicabilità. Accade infatti di non capirsi nonostante il desiderio di relazione e di comunicazione.

L’incontro con il sordomuto avviene quando Gesù sta per concludere la sua predicazione in Galilea; ha già sanato altre debolezze umane; prima di arrivare a Gerusalemme guarirà due ciechi e un giovane epilettico. Il sordomuto e gli altri, pur limitati nelle loro capacità fisiche e psichiche, riconoscono subito Gesù come “il Figlio che il Padre ha mandato” (Mc 1,11) e senza esitazioni lo cercano. La piena consapevolezza di sé li ha resi capaci di accogliere Gesù come Figlio di Dio, la sofferenza ha dilatato gli occhi e gli orecchi del loro cuore o quelli dei loro familiari che hanno cercato per e con loro. Diversamente accade per i farisei e i discepoli: ai loro occhi i gesti di Gesù sono quelli di un abile guaritore. I primi “per metterlo in difficoltà gli chiedono una prova del suo essere da Dio” (Mc 8,11), i secondi “hanno la mente bloccata” (8,17) e Gesù li rimprovera “Ostinati! Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non intendete!” (Mc 8,18). Ad un certo punto sembra perdere la pazienza e dice: “E non capite ancora?” (Mc 8,21). Ma come ci comportiamo noi di fronte al limite? Come viviamo i nostri limiti e quelli dei nostri cari? Chiediamo anche noi, come i farisei e i discepoli, i segni, le prove dell’amore di Dio? Di fronte all’esperienza del limite Gesù ci indica un percorso: si pone in un atteggiamento di profonda condivisione, come ci induce a pensare il testo evangelico, quando racconta che Gesù, prima di pronunciare l’Effatà, “emise un sospiro”. In quel sospiro egli assume tutte le sofferenze e le tribolazioni che accompagnano i diversi limiti della nostra umanità e, soprattutto, la fatica di percorrere insieme un cammino di liberazione e redenzione.

Il sospirare di Gesù è preceduto da altri gesti, che anche noi siamo chiamati a compiere quando ci troviamo di fronte all’esperienza del limite: toccare con mano e guardare il cielo, ovvero restare con i piedi ben ancorati alla realtà in tutta la sua crudezza e desiderare che essa possa generare qualcosa di nuovo. Perché si rinnovi il dinamismo dell’”Apriti!”, ci è chiesto di toccare con mano, pregare e condividere, fino ad emettere un sospiro; allora, altri uomini e donne diranno come il centurione romano: “Quest’uomo è davvero il Figlio di Dio” (Mc 15,39).