SANT’EUGENIO DE MAZENOD 

In casa sua ci sono dodici domestici, e lui da piccolo ogni tanto li fa stare immobili e schierati ad ascoltare i suoi discorsi, che imitano quelli dei predicatori. Ha tre nomi (Carlo, Giuseppe, Eugenio), secondo l’uso della famiglia, che è nobile per parte di padre e ricca per la dote della madre. Scoppiata nel 1789 la Rivoluzione francese i Mazenod fuggono in Italia (Torino,Venezia, Napoli, Palermo), ma già nel 1795 la madre torna in patria, e chiede il divorzio dal marito per salvare il patrimonio dalle confische. Eugenio ricompare ad Aix-En-Provence solo nel 1802 a vent’anni. Potrebbe avviarsi alla carriera amministrativa, come suo padre, ma durante il soggiorno veneziano (1794-97), il sacerdote Bartolo Zinelli lo ha già avviato alla vita di fede. E lui, nel 1808, entra nel seminario di San Sulpizio a Parigi, ricevendo poi l’ordinazione sacerdotale ad Amiens nel 1811. Tornato a Aix, si dedica unicamente alla predicazione, con alcuni altri sacerdoti votati alla missione popolare nelle campagne scristianizzate dalla Rivoluzione. Con essi, nel 1861, egli fonda la Società dei Missionari di Provenza, che più tardi si chiameranno Oblati di Maria Immacolata, con tutti i riconoscimenti pontifici, ma sempre scarsi di numero. Intanto Eugenio De Mazenod diventa vicario generale della diocesi di Marsiglia (che è guidata da un suo vecchio zio). Più tardi ne sarà vescovo e, in trentasette anni di ministero nella grande città portuale, si scriverà: “egli ricostruì l’opera di quindici secoli”. Il tutto, in mezzo a frequenti scontri con i governi di Parigi – monarchici o repubblicani che fossero – e a penosi dissensi con sacerdoti che non accettavano la regola della vita in comune da lui imposta. Ma gli volevano bene i semplici fedeli; “e in particolare le famose e tremende pescivendole si affezionarono a quel prelato aristocratico tanto fedele alla sua vocazione: l’evangelizzazione del povero”. Oltre a guidare i suoi oblati, che negli anni Quaranta del secolo “esplodono”: i cinquantanove del 1841 saranno quattrocentoquindici vent’anni dopo, e cresceranno ancora, andando a predicare in Canada, Stati Uniti, Messico e poi in Africa e in Asia. Da giovane prete aveva preso il tifo in mezzo ai prigionieri di guerra austriaci, sostituendo il loro cappellano che di tifo era morto. E pure la sua morte è predicazione. Egli ha sempre chiesto al Signore la grazia di morire in piena lucidità, e così avviene: Eugenio De Mazenod si spegne al canto della Salve Regina, in mezzo agli oblati, che sulla sua spinta andranno “fino all’estremo limite delle terre abitate”, come dice Paolo VI beatificandolo nel 1975. Nel 1995, Giovanni Paolo II lo proclama santo. Il nostro concittadino P. Pier Francesco Purpura, fa parte di questa congregazione O.M.I. (Oblati di Maria Immacolata).