SERVONO ANCORA I CINQUE PRECETTI DELLA CHIESA?

L’amore non ha bisogno di “precetti”. Gli stessi dieci Comandamenti che Dio ha dato al suo popolo per mezzo di Mosè sono radicalmente già presenti nel cuore di ogni essere umano.

Tuttavia, per quel peccato d’origine, che è strettamente collegato con la nostra libertà e che continuamente ci tenta a sostituire Dio con il proprio Io, esiste quella legge che l’apostolo Paolo assimila ad un “pedagogo” (Cfr. Gal 3,24). Cioè ad una guida che ci richiama continuamente a seguire la strada che conduce alla piena realizzazione della nostra esistenza terrena.

I cinque precetti della Chiesa (messa domenicale, confessione annuale, comunione a Pasqua, digiuno/astinenza, aiuto per le necessità materiali della Chiesa), si inseriscono in questa pedagogia di “emergenza” perché al battezzato non venga a mancare quel minimo di pratica cristiana che esprime e alimenta la vita in Cristo e nella Chiesa. Tuttavia la sola osservanza materiale della legge non salva (Gal 2,16). I gesti dell’amore compiuti senza amore sono un’odiosa falsità. Gesù ha pronunciato le parole più dure contro colore che osservavano meticolosamente le norme religiose, ma non osservano le fondamentali leggi umane della giustizia e della carità verso il prossimo (Cfr. Mt 23).

I precetti delimitano la strada, ma sono superflui per chi ha scelto di condurre la propria vita alla luce del comandamento che riassume tutti gli altri: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima con tutta la tua mente… Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Mt 22, 37-39).

SILVANO SIRBONI

 

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