SANTO NATALE – 25 Dicembre 2017

Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,15-20

Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

Un conto è vedere un bambino in una mangiatoia. Fatto storico. Un conto è avere il cuore e la grazia per aprire una percezione al vero. I pastori hanno visto. Una famiglia. E senza dubbi sabbie mobili o incertezze naif hanno saputo riconoscere il Messia in un bambino come tanti. Come? Grazia, dono di Dio, compimento di un mistero d’amore. Ma anche risposta. Nei pastori si compie l’esaltazione di una umanità reale, capace di semplicità e passione. Un’umanità che ha ereditato la saggezza della terra e della fatica. Che sa scegliere l’essenziale. Direi che pastori hanno creduto nonostante abbiano visto la normalità di un Dio umano. Mi piacerebbe sapermi capace di fermarmi a meditare. Per sapere intravedere in ogni scelta, tra prefabbricati di felicità e impalcature di benessere, quel Bambino. E indirizzare il mio percorso di fede verso quei pastori capaci di gridare “andiamo a vedere questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Capaci di muoversi. Perché “distante è la condizione di ogni viaggio” (S. Benni).

In una mangiatoia vi è il segno della croce. Quel Dio che si fa uomo, che non chiera eserciti ed eleva la fragilità dell’amore (può non essere corrisposto, deriso) a percorso delicato e profondo di salvezza eterna, è scandalo. Dunque Crocifisso. E io lo so. Che se metto davanti me (e succede) l’immediatezza dei pastori si allontana, ed ogni piccolo successo o gesto quotidiano e abitudinario mi incrosta la visibilità. Perché se il centro è lui, conta solo riconoscerlo. Non se vinci, quanto hai, chi sei. Chissà se noi cristiani lo sappiamo testimoniare. Chissà se siamo pastori. Maria sa vivere un’esperienza che è il segreto del mondo. Ascolta, e conserva nel cuore. Permette che le parole ricadono nella sua storia, nella sua vita. Lascia spazio agli altri: permette che siano degli sconosciuti a spiegarle chi è suo figlio. Il brano di Vangelo si apre con la risalita degli Angeli verso il cielo. I pastori sanno sognare. Un sogno che non è oblio, ma un affidarsi. Una consapevolezza che si indirizza all’abbandono. C’è bisogno di cristiani che sanno sognare così.

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