MARIA DI NAZARET

Madre della semplicità

Gesù venne nella sua patria, accompagnato dai suoi discepoli. Venuto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga e i molti ascoltatori, stupiti, dicevano: “Donde ha costui tali cose? Che sapienza è quella che gli è stata data? E che miracoli avvengono per le sue mani? Non è egli il falegname, il figlio di Maria e fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non sono qui tra noi?”. E si scandalizzavano di lui. Gesù, però, diceva loro: “Non c’è profeta che sia disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e nella sua casa”. Non potè farvi alcun miracolo, ma soltanto guarire pochi infermi, imponendo loro le mani, ed era meravigliato della loro incredulità. Nazaret è l’orizzonte entro cui si consumano gli anni dell’adolescenza e della giovinezza del Cristo. Anni oscuri, contraddistinti da una vita modesta, in una povera famiglia di artigiani. Di quei giorni nascosti, di quelle vicende registrate solo nel libro divino della vita, di quella crescita progressiva noi non sappiamo nulla. Saranno solo i vangeli apocrifi a colmare questo vuoto con la loro prodigiosa fantasia. A Nazaret Cristo ritornerà anche durante il suo ministero pubblico e, come si è visto, sarà per lui una terribile delusione. Luca ci ricorda che nella sinagoga di Nazaret Gesù tenne una specie di discorso programmatico, prendendo lo spunto da un passo di Isaia, letto nella liturgia sinagogale: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4,16ss). Ma la reazione dei suoi concittadini, da un primo interesse curioso, si trasforma alla fine in aperta e violenta ostilità: “Lo cacciarono fuori dalla città e lo condussero sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio” (4,29). Dell’emozione di Maria di fronte a quell’attentato fallito (“ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò”, 4,30) Luca non annota nulla. Maria è, invece, citata esplicitamente come “madre di Gesù” in occasione dell’altra visita di Gesù di Nazaret, quella che abbiamo evocato in apertura, nella relazione di Marco. La modestia della parentela di Gesù, la poca rilevanza sociale della professione da lui esercitata durante gli anni trascorsi nel villaggio di Nazaret, la figura della madre, esteriormente simile a tante altre donne di quel tempo e nota forse con quelle indicazioni paesane caratteristiche e pittoresche (“Maria che abita in fondo alla via…”) suscitano scandalo e scetticismo.

Naturalmente Marco sull’espressione “figlio di Maria” conduce un suo gioco di allusioni che il lettore avvertito può identificare: il titolo per i nazaretani è solo fonte di ironia ma per i cristiani è l’appellativo solenne di Gesù ed è l’equivalente della definizione di Maria come “madre del Cristo”. È raro che nelle riflessioni mariane ci si fermi sul testo che noi abbiamo considerato, proprio perché la presenza di Maria è così marginale e perché si evoca una fase silenziosa e nascosta dell’esistenza del suo Figlio, un’esistenza sprofondata nella provincia più remota, fuori dai clamori delle metropoli e dalle vicende importanti dell’impero. In case modeste e calcinate dal sole, su viuzze maleodoranti, tra parenti non certo prestigiosi, in uno scenario simile a quello dei quadri di Chagall dedicati alla vita dei villaggi ebrei russi o mitteleuropei, la vita di Gesù e di sua Madre si snoda nella più assoluta e normale quotidianità, non scandita da nessuna variante se non quella delle stagioni e delle nascite e delle morti. È questo lo “scandalo” dell’incarnazione (“e si scandalizzavano di lui”), a cui partecipa anche la madre del Cristo. In realtà, sotto quelle spoglie quotidiane si cela il mistero della salvezza,

PREGHIERA

Santa Maria, donna feriale,

forse tu sola puoi capire

che questa nostra follia

di ricondurti entro i confini dell’esperienza terra terra,

che noi pure viviamo,

non è il segno di mode dissacratorie…

Torna a camminare discretamente con noi,

o creatura straordinaria innamorata di normalità,

che prima di essere incorporata regina del cielo,

hai ingoiato la polvere della nostra povera terra.

Don Tonino Bello

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