FEDE INNANZI AL CROCIFISSO, LA BELLEZZA DELLA CROCE

Marco cap 15,25-41.

La narrazione di Marco è corale. Molteplici gli sguardi attorno a Gesù.

  • Simone di Cirene, costretto a portare la croce di Gesù: Cirene è una città della Libia, quindi Simone è un nordafricano, domiciliato a Gerusalemme; forse non un ebreo.
  • I due ladroni: è diverso il modo in cui ne parlano Luca e Marco. Del primo non si conosce, il secondo per la tradizione è Disma, colui che nel Vangelo lucano figura come il primo santo canonizzato
  • I passanti: scuotono il capo e lo deridono. Forse molti di loro lo hanno acclamato al suo ingresso a Gerusalemme pochi giorni prima: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!»
  • I sommi sacerdoti e gli scribi che fanno beffe di lui: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!»
  • Uno che gli porge una spugna inzuppata di aceto: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere».
  • Il centurione: «Davvero quest’uomo era il figlio di Dio!» È la prima professione di fede cristologica del nuovo testamento.
  • Il gruppo delle donne: stanno a distanza e osservano. Marco ne nomina tre: Maria di Magdala, la madre di Giacomo, il minore e di Joses, e Salome, e aggiunge che ce n’erano molte altre.

In questi sguardi un intreccio di diversi sentimenti:

la beffa e il dileggio: passanti, scribi e farisei, chi gli porge la spugna;

la solidarietà del cireno;

la fede del centurione;

la tenerezza vigile delle donne.

Il paradosso della croce

“Gesù, nella passione come in nessun altro luogo, rivela la profondità del suo essere uomo e, al tempo stesso l’insospettabile novità del suo volto divino. Posso dire in tutta la verità che non ho ancora smesso di stupirmi.” Vogliamo provare anche noi ad aprire l’animo allo stupore della Croce? A chiedere la grazia di saperne contemplare la bellezza?

Esistono letture riduttive della Croce:

  • Un simbolo dell’uomo soffrire;
  • L’emblema d’una vita donata;
  • Una morte giustificata della risurrezione.

È fondamentale saper sostare innanzi alla Croce: essa ci svela la novità immaginabile d’uno Dio crocifisso. La croce destabilizza, fa paura, ma è il Vangelo, la gioiosa Notizia totalmente annunciata. Abbiamo innanzi a noi un Dio giustiziato. Si era fatto piccolo, indigente, nascendo da un grembo di donna, deposto in una piccola mangiatoia, costretto a fuggire in Egitto per non essere ucciso da Erode: aveva sempre prediletto gli emarginati, gli afflitti, i malati soprattutto i peccatori; s’era sempre schierato dalla parte degli oppressi. Ma che dovesse, ance lui, finire come un delinquente comune del patibolo dei peggiori assassini, questo non ce lo aspettavamo. Cosa può attendersi l’umanità da un Dio inchiodato ad un legno? Dov’è la sua onnipotenza? Non tutti cercavamo un Dio garante per le nostre paure, ma cosa può darci un crocifisso? Quale emozione germoglia in me? Scandalo, fuga, rifiuto, o commosso stupore?

Perché ha scelto la via della Croce?

Perché è Dio, e tutto quello che fa , lo fa da Dio, cioè in modo eccellente, imprevedibile. Noi crediamo che la natura di Dio sia Amore. Il Suo è un amore assoluto, infinito, senza misura. Nessun profeta avrebbe mai previsto un Dio che salva crocifiggendosi. Papa Benedetto XVI, nella sua prima Enciclica, scrive che sulla croce si compie il volgersi di Dio contro se stesso, il suo amore contro la sua giustizia. L’annuncio della Croce è così lontano dai migliori spiriti religiosi contemporanei di Gesù, che i Dodici, uomini con difetti ma certo religiosi, non capiscono nessuno degli annunci della Passione. E nessun ebreo attendeva un Messia crocifisso. Gesù Cristo è un Dio perdente. La Sua perfezione consiste nella sua debolezza. È un Dio sconvolgente. Poteva benissimo scendere dalla Croce, ma vi resta inchiodato per amore. È il vero vincente poiché perde tutto per amore.

La difficoltà dei Giudei, e nostra, a credere in Gesù

Il Vangelo di Giovanni narra che i Giudei vogliono lapidare Gesù dicendo: “Tu, che sei uomo, ti fai Dio” (Gv 10,33). Hanno capito che Gesù è l’erede dei profeti, come il Battista. Parla il loro linguaggio, Assume i loro criteri. Ma mai un profeta sarebbe giunto ad immaginare quello che Lui afferma: un Dio che si è fatto uomo. Questa è una affermazione insostenibile, blasfema, perché è troppo promettente per essere vera. Né Abramo, né Isacco, né Giacobbe, né alcuno dei profeti, da Elia a Isaia a Geremia, ha predetto un tale evento. Come potergli credere? Sulla croce, come in tutta la sua vita, Gesù è unito al Padre. Il Crocifisso è sempre Trinitario. Gesù non è un condannato a morte, solo sul suo patibolo. Gli chiede di perdonare i suoi crocifissori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

A Lui si affida :”Padre ,nelle tue mani consegno il mio spirito”(Lc23,46)

E nei momenti di massima angoscia lo invoca ,lo cerca:”Dio mio,Dio mio,perché mi hai abbandonato?(Mt27,46 e Mc15,34).

Innanzi a un Dio Crocifisso ,che condivide con la  condizione umana anche la morte – e quella morte che non è la morte di Socrate ,ma la morte dell’uomo comune – non ho nulla da nascondere ,mi posso presentare con tutta la mia fatica di vivere e di credere . Ognuno di noi può riconoscersi nell’uomo della Croce.

Il mistero trinitario di Dio è un mistero di inter-relazione eterna .Questa relazione giunge a manifestazione estrema sulla Croce , che è totale donazione al Padre e agli uomini . Accanto al Crocifisso incontriamo l’uomo di Cirene e il centurione romano. La Croce non è dei cristiani o dei giudei , ma di tutti gli uomini . La Croce di Gesù è, per l’evangelista Marco,per tutte le genti.

Chiediamo la grazia di saper sostare , come Francesco d’Assisi, innanzi al Crocifisso e contemplare la bellezza della Croce

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