BEATO ALBERTO MARVELLI

Ingegnere e manovale della carità

“Domani compio 18 anni e propongo in tutto di essere più buono. Mi sforzerò di imitare Pier Giorgio Frassati”. 

Albero Marvelli scrive così nel suo diario, nel marzo 1936. Frassati, morto qualche anno prima, è per lui fonte di ispirazione per una vera vita cristiana laica. 

Sente nel profondo di esservi chiamato, dal lavoro alla politica, dallo sport alla vita sentimentale (si innamora, non ricambiato, di una ragazza conosciuta in vacanza). Alberto vive tutto come una strada che lo avvicina a Dio. 

Per questo usa i molti talenti di cui è dotato per servire il prossimo. A Rimini, frequenta l’oratorio dei Salesiani e l’Azione Cattolica. Chiamato alle armi, durante la guerra, ma soprattutto dopo la fine, si spende in ogni modo per gli altri. 

Con la corona del Rosario in mano, pedala da una parte all’altra della città per portare cibo, vestiti e lasciapassare. Riesce persino ad aprire alcuni vagoni già piombati e carichi di deportati verso i campi di concentramento, e a farli scappare. 

Contribuisce a fondare le Acli, diventa presidente dei laureati cattolici, apre una università popolare. Entrato nella Dc è consigliere comunale e assessore ai lavori pubblici; una sera, mentre pedala verso un comizio elettorale, viene investito da un camion. 

Muore il 05 ottobre del 1946, a soli 28 anni. È stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 2004.