SETTIMANA SANTA

Sono “i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto” (Lc 9,31), giorni di amarezza e di gloria che, fin dall’antichità, la Chiesa celebra annualmente con solennità e ricchezza di linguaggi. Un ingresso amoroso e “deciso” nel mistero che ci ha salvati. Giorni in cui la Chiesa, che fa memoria dell’evento pasquale in ogni celebrazione dell’anno, si abbandona alla mimesi ripercorrendo gli avvenimenti della Passione di Cristo di giorno in giorno, di ora in ora. In realtà, non si tratta semplicemente di rievocare i fatti delle narrazioni evangeliche, quanto di celebrare la Pasqua di Cristo affinchè diventi la nostra Pasqua, affinchè noi possiamo fare  Pasqua e vivere il grande passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla libertà. Raccomandano le Costituzioni apostoliche del IV secolo: “Bisogna che voi, fratelli, riscattati dal sangue prezioso di Cristo, celebriate attentamente i giorni della Pasqua e che facciate la memoria una volta sola all’anno di colui che una volta sola è morto”. Innanzitutto la Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Gloria e passione si incontrano e si confondono in questo giorno: la comunità ecclesiale riconosce che il Messia glorioso che entra nella città santa è il Cristo che regna dalla croce per stipulare l’alleanza eterna tra Dio e il suo popolo. La Chiesa cammina gioiosamente sui passi del Salvatore per condividere con lui il suo destino di morte e di gloria. Dopo i giorni del lunedì, martedì e mercoledì, dedicati alla contemplazione del Signore Gesù Servo di Dio sofferente (canti del Servo del Signore, Is 42; 49; 50), il Giovedì Santo mattina la comunità diocesana si stringe attorno al vescovo per la messa crismale nella quale vengono benedetti gli oli necessari per l’iniziazione cristiana e gli altri sacramenti. Un raduno ecclesiale che è manifestazione eminente della Chiesa, sacramento di salvezza, ed espressione del sacerdozio battesimale di ogni cristiano. 

Con la celebrazione eucaristica serale “nella Cena del Signore” si apre il Triduo pasquale. Tale celebrazione fa memoria dell’istituzione dell’Eucarestia, del dono del sacerdozio ministeriale e del comandamento dell’amore che trova particolare esplicitazione nella lavanda dei piedi. Eucarestia e testimonianza: le modalità dell’esperienza pasquale. Il Venerdì santo (primo giorno del Triduo) è il giorno in cui “Cristo nostra Pasqua è stato immolato” (1 Cor 5,7). La passione annunciata e pregata, contemplata (adorazione della croce) e partecipata (comunione), nella sobrietà delle linee di questa liturgia, diventa il perno di un mistero d’amore che è fonte di consolazione e di speranza. Mentre il Sabato Santo (secondo giorno del Triduo) trascorre nella memoria silenziosa della sepoltura di Gesù, solidale con la storia umana di tutti i tempi, e della sua discesa agli inferi, quale annuncio di salvezza per ogni uomo, ci si avvia verso il culmine di tutto l’anno liturgico: la veglia pasquale, madre di tutte le liturgie cristiane. Luce, Parola, acqua, pane e vino, sono gli elementi simbolici di questa notte: l’Assente si fa presente nei segni e, in particolare, nella sua Parola, nella grazia battesimale, nel dono eucaristico. Con la madre di tutte le liturgie cristiane si apre il terzo giorno, la prima di tutte le domeniche, giorno dell’Eucarestia, giorno nel quale la Chiesa accorre al sepolcro, si stupisce per l’evento meraviglioso e, come Maria di Magdala, si fa missionaria del Risorto. Una Chiesa tutta concentrata in misteri grandiosi, quella che esce dal Triduo, ma anche rinnovata nella consapevolezza che il Risorto ha vinto ed essa con lui.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *