XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – 10 Novembre 2019

Lc 20,27.34-38

Se vivremo in modo da essere degni dell’altromondo e della resurrezione, diverremo uguali agli angeli. Tutto quello che eravamo prima differenze sociali e fisiche, ricchezze, cultura; nulla conterà più, perché l’unica cosa ad avere significato sarà la vita in Dio. Esposito Gennaro netturbino, coprotagonista de “A livella di Totò, parla così all’arrogante marchese di Rovigo e di Belluno, che vorrebbe il riconoscimento di casta anche post mortem: «Morto sei tu, e morto son pure io; ognuno come a un altro è tale e quale». Ma, aggiungiamo noi, «tale e quale», a Dio, con un livellamento all’altezza più elevata per chi ha saputo meritarlo. Questo è il premio più grande che ci possa attendere, un traguardo che da senso alla vita. L’impegno dei cristiani non può essere proiettato verso la perfezione in Dio. Tutto converge verso di Lui., che dà significato alle cose più semplici come a quelle più complesse. E se diciamo che Deus charitas est e che “dove è carità è amore”, per sillogismo dobbiamo affermare che la pienezza e la perfezzione sono esclusivamente in Dio e nell’amore che, come scrive san Paolo, è la più grande di tutte le cose, anche della fede e della speranza. E se diciamo, ancora con san Paolo, che l’amore non avrà mai fine, la risurrezione promessa di vita eterna, è il dono d’amore più grande di Dio. In questa giornata in cui si celebra il ringraziamento a Dio per tutti i suoi doni, si elevi il grazie a Lui per il dono della vita e per la promessa di Salvezza. Nello scorrere frenetico della nostra quotidianità, abbiamo ancora tempo per riflettere sull’aldilà?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *