SANTISSIMA TRINITÁ – 16 Giugno 2019

Gv 16,12-15

Giovanni ci rivela il mistero di vita e di amore tra il Padre, il   Figlio e lo Spirito Santo che è l’amore perfetto e divino, in greco agàpe: un amore inteso come amicizia, tolleranza e accettazione dell’altro e della sua diversità; un amore coniugale; un amore simbolo di fratellanza tra popoli di lingue e culture diverse. Dio ha scelto di diffondere il suo messaggio nel mondo e si

è fatto uomo tramite il Figlio, che ha comunicato la parola di Dio agli uomini parlando il loro stesso linguaggio, provando gioia e soffrendo come loro, ma donando anche la speranza che consente di guardare non solo oltre le difficoltà contingenti della vita, ma addirittura oltre la vita stessa, grazie al mistero della resurrezione. «Tutto quello che il Padre possiede è mio»: nel rapporto tra il Padre e il Figlio si esprime la sacralità che esiste, anche a livello terreno, tra l’intensa relazione affettiva che lega un genitore al figlio. I valori che nella dimensione terrena un padre trasmette a suo figlio sono gli stessi che Dio ha trasmesso a Gesù e di cui si è fatto portavoce nel mondo, attraverso un messaggio di amore e speranza che supera i limiti del tempo  e dello spazio. Lo Spirito Santo illumina la coscienza degli uomini.  La Parola è davvero un dono divino che distingue l’uomo da tutti gli altri esseri viventi. Essa può evocare affetti, curare la sofferenza dell’anima e del corpo, può procurare gioia, ricondurre l’uomo sulla retta via. Dio ha fatto dono della Parola all’uomo perché il suo messaggio di amore potesse correre di bocca in bocca e creare un sottile legame tra le vite di tutti noi, in modo da dare un senso alla vita e alla testimonianza dei figli di Dio. Se lo Spirito illumina la coscienza dell’uomo, come mai chi è stato battezzato non sempre segue i principi evangelici?

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