VENERDÌ SANTO – 19 Aprile 2019

Gv 18,1-11

Quando ero ragazzo, vivevo il Venerdì Santo come il giorno più lungo dell’anno. Ho capito il perché più tardi, leggendo in sant’Agostino che il tempo è dimensione dell’anima. Infatti, per la carica di sofferenza che lo caratterizza, il Venerdì  Santo iniziava con la cattura di Gesù, nel vespero del giorno precedente, e si allargava al giorno seguente, nella lunga e dolorosa attesa della resurrezione. Maturando nella fede, il Venerdì Santo è diventato anche il giorno più ricco, perché è dalla croce del Calvario che Gesù ci fa dono di quanto ha umanamente di più caro: sua madre. Il Venerdì Santo è anche il giorno della nostra redenzione: da tempo di sofferenza si trasforma in ragione di speranza e di vita. Il corpo di Gesù, appeso alla croce, è segno di supremo amore e ci dona una duplice ricchezza: da una parte, la Grazia che salva quanti credono in Lui, come figlio di Dio; dall’altra, la sua morte è la rivolta contro ogni forma di male. Se si guarda all’immenso dolore nel mondo, la morte di Gesù può sembrare un fatto insignificante. Invece è proprio la presenza dell’uomo crocifisso che ci fa cogliere il dolore e ci aiuta a lottare per restringere sempre di più lo spazio del male nella storia. Il Dio della croce è un Dio che tace soffrendo, che se non mi libera dalla sofferenza è con me in ogni sofferenza. Elie Wiesel, nel libro La notte, raccontando la terribile scena di un ragazzo agonizzante appeso a una forca ad Auschwitz, scrive: «Udii dietro di me il solito uomo domandare: dov’è il buon Dio? Dov’è? E sentivo in me una voce che rispondeva: Eccolo, è appeso lì, a quella forca». È il caso di chiederci: il silenzio di Dio, più che segno della sua indifferenza, non è forse il “silenzio” nel quale l’uomo chiude Dio, per dare un senso alla propria esistenza prescindendo da Lui?

Parola-chiave: Passione e Morte

«Anche il ministero della parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo di istruzione cristiana, nella quale l’omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, trova in questa stessa parola della Scrittura un sano nutrimento e un santo vigore.» (Dei Verbum, 24)

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