TERZO MISTERO DOLOROSO – PRIMA PARTE

Gesù percosso (Gv 21,22); il rinnegamento di Pietro (Mc 14,66-72; Lc 22,61-62); la coronazione di spine (Mt 27,27-31; Mc 15,16-20; Gv 19,2-3). 

Prima di continuare la nostra meditazione sulla Passione del Signore non possiamo passar sotto silenzio due episodi che dimostrano ancor più eloquentemente quanto Gesù abbia sofferto negli ultimi momenti della sua vita terrena. Il primo riguarda il violento schiaffo che Gesù riceve sul Suo volto santo. Dopo l’arresto Gesù viene interrogato in casa dal sommo sacerdote Caifa circa la sua dottrina e i suoi discepoli. Gesù risponde: “Perché interrogate me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto”.

Ha appena terminato di parlare che una delle guardie presenti Lo colpisce con uno schiaffo, dicendo: “Così rispondi al sommo sacerdote?” (Gv 21-22). L’episodio dello schiaffo ricevuto da Gesù, narrato soltanto dall’evangelista Giovanni, viene confermato dalla Sindone. Infatti sul sacro lino sono evdenti le tracce di due gonfiori: uno sotto l’occhio e l’altro sulla guancia, che si dilata fino al labbro e al mento. O Gesù! Davanti a questa umliazione che hai dovuto sopportare, lasciandoti battere così brutalmente, più che commosso io mi sento smarrito; provo un sentimento di compassione, ma avverto anche una sensazione di colpa, abituato come sono a reagire troppo spesso con aggressività, con irruenza, con violenza ai torti subiti. E qual è stata la tua risposta, o Signore? Ti sei limitato a dire semplicemente con dolcezza: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? (Gv 18,23).

Che lezione per me e per tutti coloro che non sanno perdonare, per noi tutti che non abbiamo ancora capito l’insegnamento evangelico: “(…) se uno ti percuote la guancia destra, tu porgligli anch l’altra” (Mt 5,39). Il secondo episodio è il rinnegamento di Pietro. Mentra davanti al Sinedrio si svolge il processo contro Gesù, Pietro affronta l’esperienza più triste della sua vita: egli, che ha lasciato tutto per seguire Gesù e ha ricevuto da Lui tante dimostrazioni di affetto, ora lo rinnega.

Narra l’evangelista Marco: “Mentre Pietro era giù in cortile, venne una serva del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: “Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù”. Ma egli negò: “Non so e non capisco quello che vuoi dire”. Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti Costui è di quelli”. Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: “Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo”. Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quell’uomo che voi dite”. Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola di Gesù gli aveva detto: “Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte”. (Mc 14,66-71). Pietro ha appena terminato di spergiurare affermando di non conoscere Gesù, quando il Divin Maestro, visibilmente stanco e sofferente, gli passa proprio davanti, scortato dalla soldataglia, che lo spinge verso l’atrio. “Allora il Signore, voltandosi, guardò Pietro (Lc 22,61): i loro sguardi si incontrano, Pietro vorrebbe chinare il capo, ma non può staccare gli occhi da Colui che da poco ha rinnegato. L’apostolo conosce bene lo sguardo di Gesù, severo certo, ma anche supplichevole.

Il Maestro sembra volergli ripetere: “Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32). Nel frattempo Gesù, spinto dalle guardie, viene allontanato; ma Pietro è ancora lì immobile, con gli occhi sbarrati. L’apostolo comprende la gravità del suo peccato; sfoga allora tutto il suo pentimento e la sua amarezza in un pianto dirotto: “E scoppiò in pianto” (Mc 14,72). L’episodio viene confermato dall’evangelista Luca: “E, uscito pianse amaramente” (Lc 22,62). Quello di Pietro è si un pianto di dolore, ma soprattutto un pianto che sgorga dalla profondità del suo cuore innamorato del Divin Maestro, un pianto di amore.

Gesù! Quante volte ho imitato l’esempio di Pietro e ti ho rinnegato con i miei peccati, poiché il peccato, piccolo o grande che sia, è sempre un rinnegare il Signore, un tradire il suo amore. In questo caso che cosa posso fare? La risposta è ovvia: seguire l’esempio di Pietro. Se ho peccato, non devo scoraggiarmi, ma correre subito da Gesù, alzare lo sguardo, fissando i miei occhi negli occhi di Gesù. Gesù è misericordioso. E come un giorno lo sguardo dolce di Gesù ha toccato il cuore di Pietro e gli ha rinnovato tutt a la sua fiducia e il suo amore, così lo sguardo misericordioso di Gesù toccherà anche il mio cuore e mi infonderà coraggio e fiducia nel superamento delle mie fragilità e miserie. Se per disgrazia dovessi nuovamente cadere nel peccato devo immediatamente tornare al Signore, con dolore, con sincero pentimento, con i proposito di non commettere mai più volontariamente peccato.

Pietro ha impiegato più di un’ora per cadere nel peccato, ma gli è bastato un solo minuto per rialzarsi prontamente dalla caduta e riaffermare con maggior entusiasmo e intensità il suo amore per il Divin Maestro. Il cielo è pieno di peccatori sinceramente pentiti, i quali, avendo creduto nella infinita misericordia di Dio durante il resto dei loro giorni, hanno cambiato vita. Come sarebbe utile per il mio progresso spirituale rinnovare frequentemente nell’intimo del cuore il pentimento dei peccati commessi, in particolare quando faccio l’esame di coscienza e preparo la mia Confessione. Dopo aver parlato di questi due episodi che hanno fatto tanto soffrire il cuore di Gesù, continuiamo nella nostra meditazione affrontando un altro crudele avvenimento della Passione del Signore: la coronazione di spine. Gesù ha già tanto sofferto prima di essere trascinato davanti al sinedrio e poi davanti a Pilato: il suo viso è stato selvaggiamente colpito e profanato dagli sputi della soldataglia, come sottolinea l’evangelista Luca: “Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, lo bendavano e gli dicevano: “Indovina: chi ti ha colpito?”

E molti altri insulti dicevano contro di Lui” (Lc 22,63-65). Eppure la cattiveria degli uomini non si ferma alle percosse, agli insulti, agli sputi, vuole qualcosa di più feroce e atroce: la coronazione di spine. Ascoltiamo l’evangelista Matteo: “Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la corte. Spogliato, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata un corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: “Salve, re dei Giudei”. E, sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo” (Mt 27,27-30). L’evangelista Marco aggiunge: “(I soldati), piegando le ginocchia, si prostavano a lui. Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli misero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo” (Mc 15,19-20). L’episodio viene confermato dall’evangelista Giovanni: “E i soldati, intrecciati una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano schiaffi (Gv 19, 2-3).

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