SEQUELA E MISERICORDIA UN PERCORSO NEL VANGELO 

SECONDO LUCA (Prima Parte)

II Giubileo della Misericordia è contrassegnato dalla lettura domenicale del Vangelo secondo Luca (Anno “C”). Fissiamo lo sguardo sulla figura di Gesù Cristo, rivelatore della misericordia del Padre, seguendo alcune tappe dei racconti lucani. È importante saper cogliere la ricchezza del percorso che attraversa il vangelo e declinarla nel cammino spirituale che ciascun credente è chiamato a percorrere, stando alla sequela del Signore. Evidenziamo dodici contesti che scandiscono il racconto lucano, offrendo una sintesi del messaggio teologico e spirituale.

Maria nell’Annunciazione

Il vangelo si apre con l’annunciazione a Maria, dopo aver presentato quella a Zaccaria (Lc 1,5-25). Il brano è posto all’inizio del vangelo come un vero programma narrativo secondo il quale Dio decide di agire nella storia, per realizzare la salvezza. Il testo dell’annunciazione presenta le caratteristiche di un “racconto di vocazione” in cui si succedono sentimenti e parole tipiche delle scene vocazionali (Abramo, Mosè, Gedeone, Samuele, Isaia ecc.). La figura dell’angelo (1,28), il turbamento della Vergine a causa del «saluto» (1,29), la rivelazione del progetto di Dio (1,30-33), la domanda di Maria (1,34), la conferma e la rassicurazione dell’angelo con il segno di Elisabetta (1,35-37) e la splendida risposta : dell’«eccomi» (1,38), che avrà una continuazione nella proclamazione del Magnificat (1,46-55). L’evangelista presenta Maria come «serva del Signone» la quale diventa modello di ogni credente, che è chiamato a “fare la sua parte” nella piena disponibilità alla Parola di Dio.

Il Battista come «voce di uno che grida» (3,1-18)

Un secondo protagonista del vangelo è Giovanni il Battista, la cui storia è intrecciata con quella di Gesù. Giovanni in qualche modo anticipa la venuta e la sorte del Figlio di Dio con la sua predicazione e con il martirio. Secondo la prospettiva del terzo evangelista il Battista è il «profeta» che «grida nel deserto» il messaggio della salvezza (3,4-5: cf. Is 40,3-5) e denuncia il male e il peccato del popolo perché si converta e prepari la strada alla venuta del Messia. Una dimensione propria della risposta vocazionale è costituita dalla radicalità e dalla responsabilità incarnata da questa figura, che dà la vita per il vangelo (3,18-20). Egli ci ricorda che la vocazione fondamentale del credente nasce nell’essere inseriti nel mistero di Cristo attraverso il Battesimo. Nella scena del battesimo di Gesù la conferma della voce dal cielo: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” indica senza dubbio il mistero dell’elezione del Figlio, chiamato a dare la vita (cf Sal 2,7). Anche noi, afferrati nel battesimo dallo Spirito Santo, siamo chiamati a divenire «profeti» e “testimoni” del grande disegno di Dio per raggiungere tutti gli uomini e chiamarli alla conversione e alla salvezza.

L’autopresentazione di Gesù a Nazaret (4,16-30)

Senza dubbio la collocazione esclusivamente lucana dell’episodio di Nazaret (cf. Mt 13,53-58; Mc 6,1-6) fa di questa rivelazione un importante “testo programmatico”. È Gesù che ·comincia il suo itinerario verso Gerusalemme, a partire dalla sua patria, da Nazaret (Lc 4,16). La lettura del profeta Isaia (Is 61,1-2; Sof 2,3) e l’applicazione del messaggio giubilare alla sua persona suscita lo stupore e la meraviglia dei compatrioti: «Non è il figlio di Giuseppe» (4,22). L’annuncio della Parola di salvezza di cui il Cristo si fa interprete autorevole, comincia a trovare resistenze: accolto come uno di loro, Gesù viene rifiutato come messaggero di Dio. In definitiva il rifiuto della sua prerogativa messianica tocca il mistero della sua vocazione ed anticipa così il cammino di sofferenza che avrà in sorte. Gli uomini di Nazaret non accettano Gesù come «profeta» alla stessa maniera dei profeti dell’ AnticoTestamento, i quali compirono segni nei riguardi di stranieri (Elia, la vedova cf 1Re 17,7-16; Eliseo: Naaman il siro cf. 2Re5,1-19). La scena tocca il suo vertice nell’atto di cacciarlo dalla città e di precipitarlo dal ciglio del monte, mentre l’evangelista rileva che «proseguì la sua strada» andando oltre (4,30).

La vocazione di Simon Pietro e dei primi discepoli (5,1-11)

Nell’episodio della vocazione di Simon Pietro e dei primi discepoli si unisce un doppio racconto: la chiamata degli apostoli (cf. Mt 4,18-22; Mc 1,16-20) e la storia di una pesca miracolosa (cf. Gv 21,11). In realtà a differenza degli altri sinottici Luca ha inteso rendere più verosimile la vocazione dei primi discepoli, non all’esordio del ministero pubblico, ma dopo un certo periodo di insegnamenti di Gesù. Il brano è intenso e ricco di suggestioni: lo scenario del lago, la centralità dell’annuncio della Parola, la folla che faceva ressa intorno al Maestro, l’atto di “salire sulla barca e di insegnare”mentre i pescatori erano scesi delusi del lavoro infruttuoso e riassettavano le reti. La svolta del racconto è al v. 4: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca!” si tratta dell’invito a “ricominciare”, a ripartire dall’ascolto della Parola. Ed è proprio da questa Parola che Simone si lascia convincere: «sulla tua parola getterò le reti» (5,5). Ogni vocazione ha all’origine un atto di obbedienza alla Parola, che supera i segni e consente di fare l’incontro nuovo con la persona di Cristo. La scena si trasforma in un atto solenne: al vedere il miracolo Simone (che viene chiamato Pietro) si riconosce peccatore e si affida a Gesù, accettando insieme ai suoi compagni l’avventura del vangelo (5,8-10). Lasciare tutto per Cristo, seguirlo atratti dalla sua Parola, condividere l’avventura della missione per essere «pescatori di uomini.»

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