VIRTÙ TEOLOGALE: LA SPERANZA

La speranza

Facciamo subito a noi stessi l’augurio che Paolo faceva ai suoi fedeli: «Possa Dio illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati…· (Ef 1,18); e disponiamoci, come voleva l’apostolo Pietro, ad essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (Pt 3,15). Meditiamo, dunque, su questa speranza, la seconda delle virtù teologali, convinti che ne abbiamo urgente bisogno.

La speranza non delude

È discorso fin troppo facile, addirittura scontato, quello oggi ricorrente sul crollo delle speranze umane. Viviamo in un momento quanto altri mai propizio alla delusione, allo sconforto, di fronte allo spettacolo di una civiltà che non ha mantenuto le sue grandi promesse. Ci sono poi i pessimisti e i «catastrofici» per opportunismo che rincarano la dose aumentando quel disagio che si respira nell’aria. Non possiamo negare: la situazione attuale è

poco propizia alla speranza e alle speranze. La Chiesa stessa ha fatto un’analisi realistica della situazione esteriore e interiore dell’uomo d’oggi e ne ha rilevato l’aspetto preoccupante (cf GS 40). Noi non godiamo certo di tale realtà di sofferenza e di preoccupazione, a cui i fatti di cronaca offrono continuamente alimento facile; ma invitiamo noi stessi e gli altri, come fa la Chiesa a puntare in alto, non per sfuggire alla responsabilità dell’ora, ma per essere corroborati nell’impegno comune. Noi quindi affermiamo, alla scuola della divina Parola, che di fronte al crollo delle speranze semplicemente umane, l’appello alla speranza soprannaturale si fa più urgente.

La speranza e la fede

Piace definire la speranza come il dinamismo della fede, per dire subito che le due importantissime virtù si richiamano a vicenda. Cioè che la fede ci fa vedere, la speranza ci fa quasi pregustare, ci fa tendere con ogni mezzo al suo possesso, ce ne fa godere anticipatamente il raggiungimento, quasi che già ne fossimo in possesso. Questo ci è possibile perché ci basiamo su Dio, la sua grazia e le sue infallibili promesse: «Dio è fedele…» (cf Sal 46,6).

E, inoltre, perché noi decidiamo di collaborare alla realizzazione del piano di Dio. Di qui emerge subito che tale virtù non può a nessun costo esser confusa col fatalismo e l’inerzia. Il cristiano ricco di speranza si dà da fare come se tutto e solo dipendesse da lui, ma, grazie alla fede, tutto attende da Dio e ne gode come già l’avesse conseguito. A questo punto piace rimandare ad un famoso testo paolino che si presta ottimamente alla nostra meditazione sulla speranza: Rm8,4-20, esso è ricchissimo di spunti.

La speranza ed escatologia

La speranza fa vedere il termine ultimo della nostra vita e delle nostre imprese, «il cielo»; indirizza prepotentemente verso di esso, quale fase ultima, definitiva, piena, per andare a prepararci un posto e ci aspetta perché siamo anche noi dove sta lui; dovremmo sentire dentro, specie quando la nostra vita si avvia al tramonto e le forze e l’entusiasmo vengono meno, il cocente desiderio: «Signore, quando verrò e vedrò il tuo volto?» (Sal 42).

Conclusione

Il presbitero non solo, come ogni cristiano, deve essere colmo di speranza, ma deve traboccarne da tutti i pori della sua pelle per trascina nella sua bella avventura tutti coloro che gli sono affidati. Lavoriamo pure, ed oggi lo fanno in molti ed anche in maniera incongruente, a salvaguardare le speranze umane, a restituire fiducia umana, ma per carità, non facciamo perdere di vista alla nostra gente la meta della speranza cristiana! Le avremmo tolto tutto! Le avremmo impedito di impostare bene la vita e noi, preti, mandati

a costruire cittadini del «regno», non i cittadini della terra, avremmo miseramente mancato il nostro scopo precipuo. Pensiamoci! Non sentiamo da tutti gli angoli del mondo venirci addosso accorato il grido di tutti gli uomini? Dateci certezze superiori, dateci il pane soprannaturale perché questa è la nostra fame più cocente, dateci indicazioni sicure per la strada della vera vita, trascinateci verso colui che solo è la salvezza, Cristo Gesù. Non disattendiamo oltre questo grido: è il compito della nostra speranza teologale.

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